Arresto Messina Denaro, prof. Musacchio: “Un successo, ma la lotta alla mafia non è finita”

Dopo 30 anni di latitanza, l’ultimo superlatitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, è stato arrestato. L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (Tp) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato.

L’intervista

Quale valore ha per l’Italia? Nonostante il colpo ricevuto, Cosa Nostra sarà capace di riorganizzarsi? La lotta alla mafia è finita? Interris.it ha intervistato il professor Vincenzo Musacchio, Criminologo forense e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale presso il RIACS di Newark.

Prof. Musacchio, cosa rappresenta per l’Italia la cattura dell’ultimo superlatitante di Cosa Nostra?

“Rappresenta sicuramente un successo da parte dello Stato, ma la lotta alla mafia non termina qui. Le cosche si riorganizzeranno rapidamente. Per questo lo Stato non può e non deve abbassare la guardia. Mi piace tuttavia sottolineare – rivolgendomi soprattutto ai più giovani – che alla fine i mafiosi, quando lo Stato si impegna con le sue migliori risorse, sono destinati alla sconfitta. È una bellissima giornata per il nostro Paese”.

L’arresto di Matteo Messina Denaro produrrà delle conseguenze sull’organizzazione di Cosa Nostra?

“Certamente. Le cosche si riorganizzeranno e la cupola sarà riformata con il suo capo. Uno dei possibili candidati potrebbe essere Giovanni Motisi il killer del commissario Giuseppe Montana. È inserito nella lista dei criminali più ricercati d’Europa. Sicario di fiducia di Totò Riina, secondo le dichiarazioni di Calogero Ganci, collaboratore di giustizia, era presente in Cosa Nostra, nel momento in cui si era discusso di assassinare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Vicino a Bernardo Provenzano e allo stesso Messina Denaro. Cosa Nostra, benché oggi duramente colpita resta ancora molto pervasiva. Le ultime indagini della DDA di Palermo hanno dato conferma di rapporti tra Cosa Nostra e gli ‘scappati’ o ‘americani’, ovvero i perdenti della guerra di mafia contro i corleonesi. Molti di loro, tornati a Palermo, hanno recuperato l’antico potere mafioso, forti anche degli storici rapporti con i boss d’oltreoceano, stringendo addirittura accordi con l’ala corleonese. Vedremo presto cosa accadrà”.

Il superlatitante, da quanto avrebbero riferito fonti mediche della clinica dove è stato arrestato, sarebbe stato in cura nella struttura da oltre un anno. Come è possibile che nessuno se ne sia mai accorto?

“Si conferma quanto ho più volte affermato: ‘i boss non lasciano mai il proprio territorio’. Hanno intorno a loro una rete di protezione e di complicità molto ampia. L’ex Procuratore aggiunto di Palermo (oggi alla DNA) Teresa Principato aveva parlato di ‘una rete occulta a sua protezione fatta di boss, faccendieri, politici, funzionari di Stato e persino membri della massoneria’. Quando ci riferiamo a Matteo Messina Denaro dobbiamo comprendere che siamo di fronte ad un soggetto che è a conoscenza dei segreti nascosti ed indicibili del periodo stragista e del rapporto tra Stato e mafia. Non dimentichiamoci di questo aspetto non trascurabile”.

Trent’ anni fa, sempre a Palermo, veniva arrestato Totò Riina, oggi Matteo Messina Denaro. Giustizia è stata fatta per i giudici Falcone e Borsellino?

“Oggi finalmente giustizia è fatta! L’ultimo boss pagherà per quelle stragi. Salderà il conto allo Stato per tantissimi omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del 1992, costate la vita ai giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino e agli uomini delle loro scorte, e per gli attentati del 1993 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di ‘primaria rilevanza’ ancora ricercato. Ora lo aspetta il 41bis. Spero si riparta da qui per rafforzare una nuova lotta alle mafie senza confini e senza esitazioni.”

Manuela Petrini: