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Afghanistan, crisi sovrapposte: il quadro dopo il sisma

L’escalation tra Hamas e Israele ha rapidamente catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica sul Medio Oriente. Lasciando ai margini delle cronache l’ormai perdurante conflitto russo-ucraino ma anche altri contesti di criticità sociale e geopolitica. Tutti importanti ma non tutti così vicini. La (nuova) crisi nella Striscia di Gaza, iniziata a seguito del violento attacco del braccio armato di Hamas in territorio israeliano, hanno messo in allarme l’intera Comunità internazionale, la cui stabilità è minacciata forse in misura maggiore rispetto a quanto ipotizzato all’inizio dell’invasione della Russia n Ucraina. Inevitabile che i riflettori delle cronache finissero per attenuarsi su sacche di sofferenza più lontane ma non meno critiche. Non solo per gli effetti immediati sulle popolazione che vi sono coinvolte ma anche per quelli a lungo termine. Abbastanza emblematico, in questo senso, il caso dell’Afghanistan, sconvolto da una serie di terremoti che, in pochi frangenti, hanno portato a livelli estremi una crisi umanitaria già ampiamente aperta dalle recenti crisi interne.

Foto: Unsplash

Afghanistan, criticità sovrapposte

Non è un mistero, come precisato dall’Unicef, che anche prima degli eventi sismici che hanno interessato il territorio dell’Afghanistan si stessero “soffrendo gli effetti del conflitto e dell’insicurezza”. Oltre che di altri fenomeni, come migrazione, siccità e povertà. Una combinazione di fattori che ha provocato, in pochi giorni, una sovrapposizione di criticità tale da aver creato i presupposti per una delle più gravi emergenza umanitarie del Pianeta. Questo perché, in primis, a venir meno sono stati i sostegni primari, a cominciare dall’assistenza sanitaria, fortemente compromessa dall’impennata del numero degli interventi dovuta al terremoto. Inoltre, un’ulteriore aggravante è legata agli effetti diretti e indiretti degli eventi che, tra morti, feriti e sfollati, hanno coinvolto in maggior misura i soggetti più fragili. Secondo Unicef, addirittura, il 90% delle vittime sono donne e bambini.

Piano da 20 milioni

Per quel che riguarda il numero complessivo delle vittime, al momento il bilancio è ancora incerto. Fonti del governo talebano – privo però di un riconoscimento internazionale – parlano di 4 mila morti. Una stima che l’Onu rivede al ribasso, riferendo di circa 2.500 vittime. Una cifra comunque impressionante, affiancata da un 11.500 in riferimento alle persone coinvolte dalle conseguenze dello sciame sismico. Dati attraversati, in modo trasversale, da numerose variabili di potenziale aggravio, come la riduzione drastica dei servizi igienici e di quelli civili, a cominciare dall’istruzione scolastica. L’Unicef ha quantificato in 20 milioni di dollari le risorse necessarie per il piano di emergenza, da attuare soprattutto nella provincia di Zinda Jan, la più colpita dalle scosse sismiche. Tra gli aiuti necessari, l’agenzia internazionale ha indicato proprio il sostegno psicosociale per i più piccoli, privati sia degli spazi di istruzione che ricreativi.

Famiglie in crisi

Complessivamente, il piano di risposta dovrebbe coinvolgere circa 200 mila persone, la stragrande maggioranza delle quali (96 mila) minori. Del resto, la vulnerabilità delle fasce più deboli della popolazione era conclamata ben prima del terremoto. Come spiegato da Azione contro la Fame, in Afghanistan almeno il 70% delle famiglie fatica a soddisfare i bisogni primari. Già nel mese di giugno 2023, si attestava a quasi 30 milioni il bilancio complessivo delle persone in stato di bisogno, perlopiù di assistenza salvavita. Un quadro rapidamente aggravato dalla restaurazione del controllo talebano nel Paese, nel 2021, in particolare dal punto di vista del fabbisogno alimentare.

Contrasto alla malnutrizione

AcF riferisce di aver distribuito, nel 2022, “contanti a 46 mila famiglie per l’acquisto di cibo, oltre a buoni alimentari, kit di sopravvivenza invernale e pacchetti per l’agricoltura e l’allevamento”, assieme inoltre a “sostegno psicosociale a 200 mila persone”. Un’assistenza continuativa resa però complicata dall’aggravarsi progressivo dell’emergenza e, con essa, del rischio di malnutrizione grave. La stessa AcF ha evidenziato come l’estensione della crisi abbia coinvolto, assieme alle più fragili aree rurali, anche le città maggiori, a cominciare dalla capitale Kabul. Segno evidente di come l’instabilità pregressa avesse già creato un fronte di drammaticità, sia economico (visto il progressivo indebitamento) che sociale.

Damiano Mattana

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