Intervento

Web: giochi pericolosi, come proteggere i nostri figli

Ormai a trascorso quasi un mese dalla notizia che un bambino, un innocente, a Napoli é stato spinto a lanciarsi nel vuoto da un “gioco” o meglio da una persona tal “Jonathan Galindo” (questo il nome del profilo).

Finire in questa trappola è facile: l’immagine del profilo di uno sconosciuto è Pippo, il noto personaggio della Walt Disney, un’immagine conosciuta e rassicurante; e l’esordio della conoscenza si avvia con una innocua domanda “vuoi giocare con me?”. Una volta però iniziata la partita, ciò che propone di fare sui social è tutto fuorché un gioco. Una volta accettato il messaggio si entra in un incubo, fatto di gare violente ed autolesionismo. Il fenomeno però non è affatto nuovo e neppure confinato nel nostro Paese, ma purtroppo di portata mondiale.

Come non sono nuovi i danni che comportano alcuni videogiochi. Un’amica, un medico, mi raccontava che sono mesi che è costretta ad assistere ragazzini, bambini, con crisi epilettiche dopo aver giocato ad alcuni violenti giochi online.

Esperienze e problematiche diverse, che però hanno in comune due dati: il primo è che la rete internet può essere subdola per chi non ha ancora gli strumenti per difendersi; la seconda è che la dipendenza è un concetto, purtroppo, molto più ampio di quello che siamo abituati a pensare.

Con il termine dipendenza, tradizionalmente, siamo abituati a identificare le dipendenze da sostanze, da droghe, da alcol; ma dimentichiamo che la dipendenza non necessariamente deriva da qualcosa di tangibile. La dipendenza consiste nel bisogno compulsivo di avere qualcosa ma anche solo di fare qualcosa: un bisogno, un’ossessione che fa perdere di vista tutto il mondo intorno, gli affetti, gli impegni e i sentimenti. Ebbene negli ultimi anni, si assiste ad incremento esponenziale delle dipendenze c.d. comportamentali, la dipendenza dal gioco d’azzardo, la dipendenza da shopping e la dipendenza da internet.

Quest’ultima è tipica, potremmo dire quasi, fisiologica dell’era digitale e fortemente legata allo sviluppo di internet e della sua diffusione nelle vite private e pubbliche delle persone. Internet è l’eccesso e il virtuale per definizione, senza confini, senza limiti: né di spazio (è in ogni luogo, senza essere in alcun luogo), né di tempo (è pronto al consumo quando voglio). Questo senso di accessibilità globale è reso ancora più penetrante dai cellulari: nati come utili mezzi di comunicazione, ormai sono compagni fedeli e talvolta unici di tante persone. Recenti studi mettono in luce che alcuni adolescenti passano notti insonni per controllare ripetutamente se il loro cellulare, obbligatoriamente acceso 24 ore su 24, è latore di qualche messaggio. L’impressione che si ha è quindi che stiamo vivendo una inversione dei ruoli: invece di utilizzare noi la tecnologia come strumento, come utilities direbbe gli anglofoni, siamo divenuti strumenti di chi quella tecnologia gestisce.

La rete internet, i videogiochi sono tutti strumenti dai quali dovremmo ricavare beneficio, attraverso i quali dovremmo trovare utilità e non divenire un disturbo compulsivo o peggio un pericolo per le nuove generazioni. La prospettiva da perseguire deve essere capillare: educare all’utilizzo consapevole della tecnologia; informare sui rischi della rete e dei giochi; ma anche dotarsi di regole per l’accesso alla rete.

Quest’ultima è una delle finalità che si propone l’AIAC – L’Accademia Italiana del Codice di Internet che potendo contare su esponenti del mondo dell’avvocatura e della magistratura, delle istituzioni e della società civile si è posta come ambizioso obiettivo quello di definire assetti regolatori equilibrati e rispettosi dei diritti degli utenti. Un insieme di regole, un codice per il corretto accesso alla rete, per l’utilizzo moderato della tecnologia: di questo vi è bisogno per poter arginare fenomeni come quello di Jonathan Galindo; per poter sperare di tutelare i bambini, i ragazzi gli adolescenti dai rischi della rete.

Rita Tuccillo

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