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Una finanziaria che può aggravare la crisi

Un Paese alle prese con le solite emergenze, minacciato da poteri finanziari pronti ad approfittare delle nostre debolezze economiche e della difficile solvibilità dei debiti, la legge di bilancio dovrebbe prestare grande attenzione a quei fondamentali che “ci danno da vivere“. Sarebbe anche opportuno adoperarsi per trovare soluzioni che consentano di riassorbire la spesa superflua e quella infruttifera. Così, almeno, farebbe un capofamiglia qualora non avessefondi sufficienti per mandare avanti la casa e si trovasse i creditori fuori dalla porta. 

Eppure il documento economico-finanziario che il governo si appresta a portare alle Camere, risulta il contrario di quello che scriverebbe chiunque abbia buon senso. Non è che i governi precedenti abbiano rappresentato un buon esempio, ma le esagerazioni di quello attuale finiscono col far impallidire persino loro. 

Tutti in passato hanno cercato di accattivarsi le simpatie dell’elettorato, con regalie riservate a categorie di persone che avrebbero favorito la popolarità delle loro maggioranze politiche; ma poi, per pudore o per “ammorbidire” la Commissione Europea, a quelle misure se ne affiancavano altre “anticicliche” per dare parvenza di voler adottare politiche utili a dare un qualche sostegno alla economia. Quella odierna invece non si pone neanche la esigenza di dare un colpo al cerchio e un altro alla botte: è pressoché solo spesa improduttiva, e di grandi dimensioni, accompagnata da una pedagogia maldestra: distribuire diritti non sostenuti da impegno lavorativo. Poi, la scelta plateale di collocare le costose provvidenze, tutte a ridosso delle elezioni europee, non ha bisogno certo di spiegazioni.

Contribuire poi a consolidare l’idea che le nostre difficoltà siano gonfiate e provocate da realtà esterne che vogliono approfittarsi dell’Italia, distoglie il Paese dalle proprie responsabilità, al di la di quelle che i nostri concorrenti contribuiscono ad alimentare

Se poi volessimo collocare queste scelte dentro le culture che in Europa animano il fenomeno del “sovranismo” e della destra in generale noteremmo che tutte queste realtà si muovono all'interno di Paesi che hanno adottato politiche di austerity, per loro scelta o perché chiesto dall'Ue. Ecco, questi nodi vanno chiariti dentro gli ambiti politici responsabili, e storicamente sodali tra loro: non farlo significa ridurre la politica a cosa ancora più incomprensibile ai più, oltre che perpetuare il nostro “isolamento” in Europa. Bruciano ancora le affermazioni del pessimo Sarkozy, che alludendo con la Merkel alle nostre passate incongruenze, disse con un sorrisetto complice: “Ils sont italiens” (“sono italiani”). Credo che i nostri interessi ad uscire dal tunnel della crisi iniziata dieci anni fa, siano preminenti a tutto. Sono troppi gli anni che in ambito internazionale e nelle istituzioni del “vecchio continente” ci ritroviamo declassati politicamente ed economicamente, mentre nel Paese si continua ad aumentare l’indebitamento ed a impoverire il nostro patrimonio storico di industria e servizi.

Dunque la situazione odierna è la cifra delle nostre passate negligenze; cerchiamo di riassorbirle, anziché renderle ancora più evidenti. Non ci siamo proprio: l’Italia cambierà solo quando ci sarà uno sforzo unanime rivolto a togliere una per una le cause che indeboliscono il nostro sistema economico. Anche in questa occasione i pesi non sono stati alleggeriti, ma purtroppo aggiunti. La Commissione Europea ha bocciato la nostra manovra e ci chiede di reiterarne un’altra entro tre settimane. Qualora non dovesse accadere rischiamo una multa che può arrivare fino allo 0,2 dell’intero Pil. Non sarà facile convincere la Ue a cambiare atteggiamento; la gran parte degli Stati membri sono contrari alla manovra italiana, ritenuta incompatibile con i trattati, e pericolosa per la stabilità dell’Euro. Anzi proprio i Paesi più critici contro la Unione, chiedono il pugno di ferro contro l’Italia. Stando così le cose, i nostri eroi del governo ce la faranno a risolvere problemi così ingarbugliati?

Raffaele Bonanni

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