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Raggi 2.0 e Roma spera

D’accordo, prendetevela pure con l’albero di Natale installato in piazza Venezia, a Roma. In fondo è il gioco dell’inverno. Buono per scatenare i leoni da tastiera, gli intellettuali dei social un tanto al chilo. La realtà, come sempre, sta da un’altra parte. E percorre strade alternative a quelle seguite da chi ragiona solo con la pancia. E non con la coscienza, avendo spento il cervello. Perché, stavolta, c’è di mezzo il potere della Giustizia e i suoi effetti pratici. E per affrontare il tema serve ragionare non twittare. Al  netto di tutto e tutti, la recente sentenza di assoluzione emessa dal tribunale di Roma nei confronti della prima cittadina dell’Urbe, rappresenta l’elisir di lunga vita del sindaco della Capitale.

Per l’opposizione, compresa quella interna al Movimento 5 stelle, quel verdetto si è trasformato in cicuta. Un amaro calice da sorseggiare giorno per giorno. I fatti sono lì a dimostrarlo. Rinfrancata dalla sentenza favorevole, ancorandola saldamente al timone della giunta di Roma, la Raggi ora può tentare quello che non le è riuscito appena conquistato lo scranno più alto del Campidoglio, due anni e mezzo fa. Può mettere mano, cioè, in piena libertà alla squadra di governo dell'Urbe, senza che i vertici nazionali del M5S, ormai tutti affaccendati in tutt’altre faccende – e anche chi non ha nulla da fare si guarda bene dall’occuparsi di Roma – mettano becco nel Risiko comunale.

Dunque a partire da dicembre potremmo assistere alla cosiddetta “fase 2” della giunta Raggi. Con la sindaca libera dal fardello giudiziario del “Marra gate”, il governo capitolino può innestare la quinta e procedere spedita. I primi segnali sono stati forti e chiari. Ovviamente non si tratta di una un'operazione di piccolo cabotaggio, né tantomeno facile, ma di un cambio di passo “largo”. Come azzarda già qualche fedelissimo della sindaca, arrivati a questo punto converrebbe “pensare in grande”, volare alto, come impongono le sfide (e i problemi) della Capitale. Del resto senza alibi e col governo amico, alla Raggi tocca affrontare per forza le cose rimaste ferme, da qui al 2021.

Il primo capitolo potrebbe riguardare le grandi emergenze sin qui non risolte. A cominciare dai rifiuti, dai sacchetti che tracimano dai bidoni e si sparpagliano sui marciapiedi, impedendo a tanti romani di camminare “a testa alta”, come invece ha rivendicato la sindaca su Twitter, subito dopo il verdetto del Tribunale. Il passaggio dalle parole ai fatti, adesso se lo aspettano tutti. Le operazioni di marketing legate ai Casamonica e ai nastri tagliati sono il necessario corollario ad un cambio di passo sostanziale e non solo formale. Tutto questo improvviso “raggismo”, ovviamente, ha mandato in tilt la presa leghista di Roma, Di fatto gli uomini di Salvini, che nell’Urbe si muovevano già in chiave elettorale, pregustando il sangue di una chiamata anticipata alle urne, hanno dovuto riporre lo spadone di Giussano per tornare al calumet della pace. Difficile da fumare, ma necessario per sopravvivere, politicamente parlando.

Del resto che qualcosa sia cambiato lo ha testimoniato la prima dell’Opera di Roma. La sindaca si è presentata alla premier del Rigoletto con l’abito disegnato dallo stilista Camillo Bona, che ricorda una sorta di toga da avvocato (professione che Raggi ha esercitato prima di arrivare in Campidoglio). Insieme alla sindaca, anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Insomma, il brutto anatroccolo della politica sta iniziando a prendere le forme del cigno. Sperando la che stessa cosa avvenga per Roma. In fondo nella gestione della cosa pubblica la forma è sostanza. Eccome se lo è…

Enrico Paoli

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