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Quale Europa ci aspetta…

Le elezioni europee del 2019 si terranno nei 27 stati membri dell’Unione (per la prima volta non parteciperà il Regno Unito per l’uscita dalla Ue dopo la Brexit) tra il 23 e il 26 maggio, come deciso unanimemente dal Consiglio dell’Unione europea. Tutti i Paesi inizieranno, però, lo spoglio dei voti alle 23 del 26 maggio, in modo tale da rendere lo scrutinio una procedura simultanea in tutta l’Unione. Un dettaglio, quest’ultimo, tutt’altro che secondario.

Sino a ieri, inteso come passato recente, le urne continentali erano una sorta di pratica burocratica e non un vero esercizio politico, come la crisi evidente di Francia e Germania renderanno la prossima consultazione. Alla quale, fattore scontato ma non per tutti, guarda con interesse anche il dibattito di casa nostra. La stessa manovra economica varata dall’esecutivo giallo verde, al netto delle critiche di ordinanza dell’opposizione, tanto quella formale degli azionisti del centrodestra mollati da Salvini quanto quella istituzionale del centrosinistra, ha un forte connato propagandistico. Per alcuni analisti, addirittura, il Def è destinato a sgonfiarsi dopo il voto. Tutto ciò lo scopriremo solo vivendo.

Nel frattempo sta diventando di stringente attualità la crisi politica dei leader dei due maggiori Paesi della Ue. Il crollo della Merkel in Germania e le forti difficoltà di Macron in Francia stanno rendendo tecnicamente instabile il quadro europeo, e non solo nei rapporti con gli Stati Uniti. Il calo dei mercati e le fibrillazioni con la Russia, soggette a forti oscillazioni ma mai ferme, tendono a delineare una sinuosa Europa di sempre più difficile decrittazione. Questo insieme di fattori rende ancor più complicato una tema già complesso come quello dell’immigrazione, tanto da far assomigliare il dibattito europeo un dialogo fra sordi. Nessuno degli stati membri sembra esser più disposto ad assecondare le ragioni degli altri. Finendo con il rendere sempre più debole l’ultimo anello della catena.

Il voto tedesco potrebbe acuire ulteriormente questo stato dell’arte. Sarà pure un caso, o semplice agenda politica, ma la cancelleria tedesca non esclude la possibilità che Angela Merkel possa incontrare il primo ministro russo Dmitry Medvedev durante l’incontro Asia-Europa (Asem) a Bruxelles nel corso di questa settimana. Lunedì scorso, il servizio stampa del governo russo aveva dichiarato che Medvedev avrebbe avuto incontri con alcuni colleghi di altri paesi dell'Asem compreso il cancelliere tedesco. Berlino, soprattutto, ora non può non guardare a Est, anche per motivi di dipendenza energetica.

A Parigi, invece, si guarda un po’ più in basso. Emmanuel Macron ha annunciato nei giorni scorsi, ricevendo il primo ministro croato Andrej Plenković, che avrebbe visitato la Croazia nel 2019. Si tratterebbe della prima visita ufficiale di un presidente francese in questo Paese dopo quella di Jacques Chirac nel 2001. In una breve dichiarazione all’Eliseo, il capo dello stato ha definito “assurda” l’assenza di una tale visita per così tanto tempo in Croazia, l'ultimo Paese ad aver aderito all’Unione europea nel 2013, 22 anni dopo l'indipendenza in seguito alla scissione della Jugoslavia. Macron ha già visitato più della metà dei Paesi dell'Ue per promuovere, ha detto, “un’Europa che non è solo Bruxelles, ma in tutte le capitali”.

Appare evidente come il gioco della geopolitica stia fortemente anticipando le elezioni europee della prossima primavera. Un gioco dal quale l’Italia sembra essere esclusa, essendo difficile pensare che abbia scelto di restarne fuori per propria volontà. Certo, sino ad oggi il governo Conte non ha certo brillato in materia di politica estera, ma questo elemento, da solo non giustifica l’insufficienza. Evidentemente dalle parti della Farnesina manca ancora una vera strategia. L’unica in campo è quella adottata da Palazzo Chigi, ma strettamente connessa ai conti del premier non a delineare un spazio reale spazio di manovra. Sostengono il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, che l’Italia non più uscire dal campo delle regole, rimarcando la necessità di un dialogo corretto. Chiederanno le stesse cose a Francia e Germania, quando avranno necessità di allargarsi, in termini economici? Ecco, questa sarà la vera cartina di tornasole per capire a che punto è l’Europa.

 

Enrico Paoli

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