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La profezia di don Oreste

La storia della Comunità Papa Giovanni XXIII è quella di un piccolo seme lanciato sulle Dolomiti cinquant’anni fa, che si è sviluppato a Rimini e che ora fiorisce in tutta Italia e in tutto il mondo. In questi cinque decenni si sono ingrossate le fila dei nostri volontari e delle persone raggiunte dalle nostre attività, ma soprattutto è migliorata la qualità della condivisione, che si incarna nell’accoglienza nei confronti delle categorie più deboli: dai portatori di handicap ai bambini orfani, dagli adolescenti a rischio ai giovani schiavi delle dipendenze, dalle ragazze costrette a prostituirsi ai profughi, compresi quelli giunti con i corridoi umanitari in Italia qualche settimana fa. Ciò che abbiamo ereditato da don Oreste Benzi, il nostro fondatore, è il fiuto che ci fa capire dov’è che si leva il grido dei poveri, nonché la capacità di saperlo ascoltare stando vicino a chi soffre e vivendoci accanto. Ma la nostra attività consiste anche nel cercare di rimuovere le cause di ingiustizia: tant'è che ci battiamo per proporre nei Paesi in cui operiamo delle leggi rispettose della dignità umana, leggi che promuovano dunque la vita, la famiglia, il lavoro per tutti, l’integrazione.

Dalla morte di don Oreste, dieci anni fa, la società è mutata, si è globalizzata offrendo opportunità ma anche ampliando i divari sociali. Se è vero che si sono moltiplicate le occasioni di comunicazione e di dialogo, è altrettanto vero che questa schizofrenia di informazioni rischia di far rimanere il confronto a livello superficiale, evitando così il necessario approfondimento dei problemi. E poi c’è il dramma dei poveri i quali, almeno nelle nostre società, sono persino aumentati. Il mondo va troppo veloce, forse è il caso di rallentare per tenere il passo degli ultimi, per distribuire le risorse affinché ci sia il necessario per tutti.

La società dunque è cambiata in cinquant’anni. E con lei sono cambiate anche le sfide che abbiamo di fronte. In questo periodo storico riteniamo fondamentale difendere il diritto alla vita, soprattutto quello delle creature più indifese. Si colloca in questo senso la scelta di aumentare la nostra presenza nel Nord Europa, in Paesi dove, ad esempio, ci sono leggi che prevedono di abortire i bambini down riconosciuti con una diagnosi prenatale perché ritenuti solo un costo sociale. C’è poi bisogno, in società in cui nascono sempre meno figli, di riaffermare il valore delle famiglie numerose, della complementarietà tra giovani ed anziani, la quale rappresenta un modello per la società. Oggi a Rimini, dove celebriamo questo anniversario, avremo ospite Sergio Mattarella. Siamo onorati di averlo con noi, è la prima volta che un presidente della Repubblica viene a far visita alle nostre comunità. È un momento di festa ed è occasione per ringraziarlo del lavoro che sta svolgendo come capo dello Stato.

Giovanni Paolo Ramonda

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