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Il M5s e la base sparita

Certo, Michele Emiliano e Massimo D’Alema, più che Matteo Renzi e Enrico Rossi, in questo momento, nell’immaginario collettivo degli italiani, rappresentano l’elemento cardine di ogni dibattito. Tanto al bar quanto in televisione.

In fondo nel Belpaese hanno sempre avuto più successo le divisioni delle contaminazioni. I dualismi hanno sempre partorito grandi storie, mentre i matrimoni, al massimo, producono un grande chiacchiericcio. Perché l’Italia è così, si divide sempre per ritrovarsi unita nella scissione. Una contraddizione in termini che non ha mai fine.

Il guaio, però, è che ad appassionare l’Italia non è la vera scissione, quella in atto all’interno del Movimento 5 Stelle, ma quella mediatica, messa in atto dal Pd. Ciò che sta avvenendo all’interno del Partito Democratico, in realtà, è soltanto una divisione fra soci, fra azionisti di una azienda che ha perso la sua ragione d’essere. Idee e ideologie si erano già scisse da coloro che stanno recitando la commedia della banda degli onesti più onesti degli altri, senza ammettere che l’onestà è solo un pre-requisito e non la condizione essenziale. Dunque di soli affari si tratta.

Nel Movimento 5 stelle no. Al di là di come vada a finire la storia dello stadio della Roma, una barzelletta considerati gli enormi problemi della città eterna, il surreale dibattito sull’impianto sportivo ha messo in luce la rottura interna al grillismo, con il comico ligure tornato a dominare la situazione. Come un qualunque padre padrone. Prima ha ridotto al silenzio i consiglieri, soprattutto quelli contrari allo stadio, poi ha messo la sordina al sindaco Virginia Raggi, in modo da evitare che agisca per contro proprio. Infine si è annesso il Campidoglio. Ormai è il lui il governatore di Roma.

Arrivati a questo punto dovrebbe avere il coraggio di candidarsi in modo da sottoporsi al giudizio degli elettori. In tutto questo ciò che è scomparsa dai radar è la cosiddetta base, ammesso che ci sia mai stata. La rete, i contatti sui social, i gruppi, sono totalmente spariti, anestetizzati da Beppe Grillo e dalla sua bulimia di decisionismo. Di fatto la vera scissione è questa: Il vertice del Movimento 5 stelle si è separato dal Movimento.

Sul piano politico è rimasto solo il vertice grillino e nulla più. Un vulnus del quale, prima o poi, qualcuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. Del resto un tempo nuovo, o forse vecchio, se non addirittura vecchissimo, sta avvolgendo la politica italiana, riportando in auge riti e miti della Prima Repubblica. Correnti, lobby, caminetti, scissioni, divisioni e apparentamenti sembravano archeologia politica, invece sono ancora gli utensili di chi maneggia la cosa pubblica con poca cura ma molta scaltrezza. Tutto doveva essere maggioritario, in realtà siamo nuovamente nel proporzionale puro, dove l’intrallazzo è la regola e non l’eccezione. Ecco perché Grillo si è separato dalla base. Nelle regole del giornalismo si dice i fatti separati dalle opinioni, ebbene Beppe ha separato le opinioni della base dai fatti del vertice del Movimento. Più che una scissione siamo di fronte ad uno scippo…

Macario Tinti

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