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I “buchi” della Manovra

Dalle mie parti, un vecchio adagio dice: “Quando la neve si squaglia, si vedono i buchi”. Quest’immagine ben rappresenta lo scenario economico-politico di questi giorni, segnato dal dibattito su una manovra finanziaria, che per ora è sostanzialmente solo pro-ciclica. Ormai siamo al dunque delle cose, con il Pil in prospettiva stimato dalle agenzie di rating internazionali, tre misure in meno di quelle dichiarate dal Governo, e dalla classificazione dei titoli italiani appena un gradino più in alto di quelli ‘spazzatura’. Ancora non è chiaro che decisioni vorranno prendere i ‘diarchi’, ma non credo che avranno molti spazi di manovra per tenere in vita le loro originarie promesse fatte agli elettori. La situazione è pesante con circa 85 miliardi di euro delle famiglie bruciati (secondo Banca d’Italia), a causa del calo dei titoli di stato nel corso dell’ultimo semestre, che determina anche un aumento del costo dei mutui a tassi variabili a carico di chi ha acquistato ed acquista abitazioni. La situazione paradossale è rappresentata dalle principali tessere del puzzle: dal reddito di cittadinanza alla revisione della ‘Fornero’; hanno spaventato così tanto i mercati, che il costo complessivo delle eventuali provvidenze promesse, per la sfiducia provocata nei mercati, sarebbe almeno 5 volte più alto. Il conto è presto fatto: impegno di spesa delle provvidenze a debito; la perdita di valore dei titoli di Stato per le famiglie; il rialzo a causa del conseguente ricalcolo dei mutui. Per giustificare la propria linea, il Governo ha più volte sottolineato i benefici che deriverebbero per il mercato interno, dalla disponibilità di denaro dei beneficiari del reddito di cittadinanza, e dalle opportunità di nuovi posti di lavoro di risulta per l’accelerazione dei pensionamenti che richiederebbe immediati rimpiazzi nelle aziende. Ma sono pie illusioni: un conto è distribuire redditi provenienti dalla crescita della ricchezza, altra cosa se tutta l’operazione è fatta a totale debito. Quanto alle nuove assunzioni, anch’essa è infondata. Quando le aziende perdono una professionalità affidabile, hanno il bisogno fisiologico di sostituirla nel medio lungo tempo, pena la perdita di capacità di risposta efficiente alle commesse, in quanto non è facile nell’immediato ottenere nuove immediate abilitazioni professionali. Se il Governo volesse davvero rafforzare la domanda interna e avere più occupati, dovrebbe desistere dagli attuali propositi ed invece lanciare la riduzione fiscale per persone fisiche ed imprese. Per stare agli argomenti dei governanti, anche la flat tax è nel ‘contratto di governo’. Anzi, sarebbe l’unica decisione opportuna, che avrebbe forza ‘anticiclica’. Un consiglio spassionato è il caso di dare alle persone più avvedute presenti nel governo: non guardate solo ai sondaggi per capire l’umore degli elettori, guardate anche gli indicatori economici. Se dovessero continuare così come stanno andando, saranno proprio i guai economici a farvi regredire rapidamente nel favore popolare, come è accaduto a chi vi ha preceduti

Raffaele Bonanni

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