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Quel filo tra Cielo e Terra

Nel binomio cielo e terra è racchiusa la descrizione di tutto il cosmo. Il cielo è una parte dell’universo diversa dalla terra ma in relazione con la terra. Il cielo e la terra sono continuamente presenti nella Bibbia dalla Genesi all’Apocalisse, dalla creazione al compimento finale in un universo rinnovato, composto come il nostro di “nuovi cieli e nuova terra” (2 Pt 3,13; Ap 21,1). Nel parlare di cielo e di terra, volendo superare le categorie spaziali, parliamo in termini astratti di trascendenza e immanenza, di aldilà e di aldiquà, d’intimità e di esteriorità, di profondità e di superficialità.

Anche se noi abbiamo i piedi ben piantati sulla terra, sentiamo una nostalgia del cielo e speriamo che dietro a quella grande volta celeste che ci avvolge ci sia qualcuno che ci protegge ed è presente nella nostra vita.  Il mistero dell’ascensione di Gesù al cielo non è un salire in alto fra le stelle come un astronauta lanciato nello spazio, ma un entrare nella realtà misteriosa di Dio, in cui “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Il cielo per noi cristiani non è spazio siderale di cui si occupano gli scienziati, né il cielo astratto della trascendenza di cui si occupano i filosofi, né il cielo simbolico dei poeti, ma, come ha detto Benedetto XVI nel 2009, qualcosa di molto più ardito è sublime: “Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e l’uomo sono per sempre inseparabilmente uniti”. In Gesù Cristo la gloria celeste di Dio si coniuga con la pace sulla terra per gli uomini destinatari della benevolenza divina, il cielo è presente sulla terra.

Contemplare Gesù asceso in cielo, non significa dimenticare la terra, nella quale il Signore Risorto continua a essere presente in modo nuovo, con una presenza che supera i limiti spaziali e temporali. Noi pur guardando il cielo non possiamo dimenticare i problemi della nostra terra: la mancanza di un significato ultimo della vita per i drammi dell’esistenza che spinge al suicidio o all’eutanasia, lo spaesamento e il disorientamento in una società globalizzata, lo squilibrio crescente fra paesi ricchi e paesi poveri, i disastri ambientali causati dal non rispetto del creato, la crescita del senso d’insicurezza e di paura che porta a costruire muri fisici o mentali e a invocare un uomo forte, la persecuzione più o meno cruenta dei cristiani in tante nazioni, la presenza della corruzione e delle mafie diffuse in tutte le regioni del nostro paese, le condizioni di povertà di tante famiglie, la disoccupazione e l’emigrazione forzata di tanti nostri giovani a causa della crisi economica, l’esodo di tante persone in fuga dalla guerra e dalla povertà molti dei quali hanno trovato nel Mediterraneo la loro tomba.

Non possiamo stare inerti a guardare il cielo e a sognare una realtà evanescente, ma siamo chiamati a rianimare un mondo in agonia con l’ossigeno del Vangelo e a impegnarci per rendere più abitabile la nostra terra e a rinnovarla con il soffio vitale dello Spirito santo. Il tempo della Chiesa dall'ascensione alla venuta finale di Cristo non è il tempo né della nostalgia del passato, né della tristezza per la partenza di Cristo, né dell'angoscia per l'incertezza del futuro, né dell'evasione verso la ricerca di altri mondi, né del sogno di una Chiesa ideale, né dell'utopia di una nuova società, ma il tempo dell'attesa del compimento ultimo, carico di un impegno personale e sociale

Diceva San Paolo VI nel 1976: ”Il cristiano, pellegrino verso il Cristo oltre il tempo, proprio in virtù del suo insonne amore al Cristo glorioso dell’aldilà, sa scoprire il Cristo bisognoso dell’aldiquà; egli intravede il suo Cristo, degno di totale dedizione, nel fratello povero, piccolo, sofferente ove l’immagine mistica di Gesù celeste, secondo la sua divina parola, s’incarna nell’umano dolore terrestre”. La speranza cristiana fondata sulla certezza della presenza di Cristo Risorto favorisce lo sviluppo della libera creatività di ogni persona e genera spazi comunitari dove insieme, come compagni di viaggio di ogni uomo e di ogni donna disposti a fare con noi un tratto di cammino, cerchiamo di affrontare i tanti drammi della nostra società.

mons. Michele Pennisi

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