La festa del Corpus Domini, un tempo molto sentita nelle nostre comunità cristiane, è nata per proclamare la fede della Chiesa nella presenza reale di Gesù Cristo nel pane e nel vino consacrato. Fu all’origine una devozione di pochi, divenuta in seguito pratica di fede diffusa in ogni angolo della terra. E’ una pubblica e solenne manifestazione della nostra fede, necessaria anche in questo nostro tempo segnato da confusione e perdita di punti di riferimento ideali, morali e spirituali.
Caratterizza questo giorno la processione eucaristica che percorre le vie delle città e dei paesi recando in maniera solenne l’ostensorio che mostra l’Ostia consacrata: pane all’apparenza, ma Gesù Cristo in realtà nella sua totale presenza, corpo, sangue, anima e divinità. Così ricorda e ribadisce l’insegnamento perenne della Chiesa; questa è la fede dei cattolici, insidiata oggi come in passato da dubbi e incertezze. A me pare importante riaffermare con forza questa verità su cui si fonda tutto il cristianesimo: Gesù, morto e risorto, è vivo e oggi cammina con noi per le strade della vita. Tutto questo vuole indicare l’odierna celebrazione arricchita, secondo le tradizioni popolari, da infiorate, usanze locali tramandate da secoli e cortei di confraternite e associazioni per manifestare insieme l’unica fede che tutti ci accomuna.
Non solo questo. Oggi, l’Eucaristia che percorre i cammini della vita vuole ricordare a tutti che è scuola di pace, educa alla pace. Pace che non è solo assenza di conflitto, ma costruzione d’una società giusta e solidale. All’invocazione umana di pace, la Chiesa risponde anzitutto accogliendo, celebrando e testimoniando nella storia il mistero di pace che viene dall’alto, mistero della fede e dell’amore: “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice, annunziamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. Mettendoci alla scuola dell’Eucaristia, ricordiamo la promessa di Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, diventiamo a nostra volta operatori di pace.
L’Eucaristia educa alla pace perché ci insegna ad assumere la creazione e la storia degli uomini in rendimento di grazie: Gesù, infatti, nell’ultima cena prese nelle sue mani il pane e il vino, e rese grazie, pronunziando la preghiera di benedizione. Fare Eucaristia significa prendere, assumere, accogliere, scegliere il frutto della terra e il lavoro dell’uomo, in atteggiamento di rendimento di grazie e di benedizione. L’Eucaristia pertanto è sacramento che ci immerge nel mondo e nella storia per comporli e salvarli in Cristo; per questo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia siamo interpellati dalla storia. L’Eucaristia ci educa alla pace perché ci insegna il vero linguaggio dell’amore e la prassi della vera comunione. Nel segno del pane spezzato, Cristo si dona con tutta la sua umanità e divinità, e noi in quella mensa singolare viviamo la più intensa comunione con lui: “Chi mangia la mia carne vivrà per me”.
L’Eucaristia diventa così fonte e vertice di comunione, manifestazione di un divino mistero che ci avvolge e ci trascende. L’ultimo comandamento dell’Eucaristia, “fate questo in memoria di me”, ci chiama e ci abilita alla condivisione: “Se condividiamo il pane celeste, come non condivideremo il pane terreno?” (Didaché, IV, 8). Nell’Eucaristia tutta la vita della Chiesa riceve il dono del suo amore oblativo e poi viene rilanciata per le strade del mondo, per essere un segno della sua presenza di buon samaritano, quasi per far sperimentare ai fratelli l’intensità e la forza con cui Dio li ama, con la qualità stessa del suo amore. Un amore che pensa più a dare che a ricevere.
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