Igiorni della merla, che nell’immaginario di ciascuno vengono identificati come i giorni più freddi dell’anno, sono passati, ma il freddo non l’abbiamo sentito. Abbiamo invece avuto giorni con il sole spendente che ci ha regalato un piacevole ed inaspettato tepore che ha fatto la gioia di chi ama passeggiare in città per visitare vetrine, musei e monumenti, di coloro che amano recarsi nelle spiagge per gustarsi il mare d’inverno, gli sciatori che adorano esercitarsi con il sole che da alla neve quella potenza di luce che solo in montagna si riesce ad ottenere. Dunque un tepore confortevole all’aria aperta, ma che ci crea anche una misteriosa inquietudine, quasi fossero dei momenti che rubiamo all’inverno che appena sarà pronto ce la farà pagare. È difficile invece che, razionalmente, ciascuno di noi si faccia l’idea che davvero stiamo attraversando un ciclo nuovo di cambiamento climatico, pari a tanti altri che nel corso dei millenni l’umanità ha vissuto. Quell’alternarsi di stagioni miti anche d’inverno e di ‘piccole glaciazioni’ che non solo hanno reso gli inverni rigidissimi, ma compromesse anche le primavere, le estati e gli autunni. Penso che il ciclo che stiamo attraversando, sia del tutto normale oltre che piacevole: non possiamo che godercelo. Ma per adeguarci alla realtà, credo che il 29, 30, e 31 gennaio, non abbia senso, almeno finché il ciclo di questo clima dura, chiamarli ‘i giorni della merla’; sarebbe coerente chiamarli il giorni del pappagallo.
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