In occasione della Giornata internazionale contro l’uso dei bambini in situazioni di conflitto l’UNICEF ricorda che migliaia di bambini vengono reclutati e utilizzati nei conflitti armati in tutto il mondo. Tra il 2005 e il 2020, sono stati verificati più di 93.000 casi di bambini reclutati e utilizzati dalle parti in conflitto, anche se si ritiene che il numero reale di casi sia molto più alto.
Spesso chiamati “bambini soldato”, questi ragazzi e ragazze subiscono forme estese di sfruttamento e abuso che non sono completamente comprese in questo termine. Le parti in guerra usano i bambini non solo come combattenti, ma anche come esploratori, cuochi, facchini, guardie, messaggeri e altro. Molti, soprattutto le ragazze, sono anche sottoposti a violenza di genere.
Secondo l’ultimo Rapporto annuale del Segretario Generale dell’Onu su minorenni e conflitti armati, nel 2020 le Nazioni Unite hanno verificato 26.425 gravi violazioni, fra cui il reclutamento e l’uso di 8.521 bambini, un numero in aumento rispetto ai 7.750 casi registrati nel 2019.
I bambini entrano a far parte di una forza o di un gruppo armato per vari motivi. Alcuni vengono rapiti, minacciati, forzati o manipolati da attori armati. Altri sono spinti dalla povertà, costretti a generare reddito per le loro famiglie. Altri ancora si associano per sopravvivere o per proteggere le loro comunità. Indipendentemente dal loro coinvolgimento, il reclutamento e l’uso di bambini da parte delle forze armate è una grave violazione dei diritti dei bambini e del diritto internazionale umanitario.
Anche il quadro del reclutamento e dell’uso diffuso di ragazze nei conflitti armati in tutto il mondo è allarmante. Quasi il 75% dei conflitti coinvolgono il reclutamento di bambini, e ben oltre la metà di questi ha incluso le bambine.
In molti casi, le forze armate e i gruppi armati reclutano le ragazze usando tattiche diverse da quelle usate per i ragazzi. Spesso, vengono semplicemente rapite. Il matrimonio precoce è un altro strumento favorito da alcune parti in conflitto: le ragazze sono costrette a sposare combattenti maschi adulti e a vivere sotto il loro controllo, spesso sottoposte a violenza sessuale quotidiana.
Le ragazze agiscono anche in ruoli di supporto che coprono una vasta gamma di attività, tra cui: trasporto, traduzione, telecomunicazioni, assistenza medica, cucina, pulizia e cura dei bambini. Ma possono anche diventare parte attiva nel conflitto. In Africa, per esempio, quasi il 40% delle ragazze reclutate dalle forze e dai gruppi armati partecipa direttamente alle ostilità. Alcuni gruppi in Medio Oriente hanno unità di sole donne per l’uso di armi tattiche.
L’UNICEF collabora con i governi, i gruppi della comunità e altri attori per affrontare le cause del reclutamento dei bambini e fermare le violazioni prima che avvengano.
L’UNICEF sostiene il rilascio e il reinserimento di migliaia di bambini che escono dalle forze armate e dai gruppi ogni anno – fornendo loro un posto sicuro in cui vivere al momento del rilascio, oltre a servizi su base comunitaria per la gestione dei casi, il tracciamento delle famiglie, la riunificazione e il sostegno psicosociale. Fornisce anche un supporto specializzato per i sopravvissuti alla violenza di genere. Inoltre, l’UNICEF mette in contatto bambini e famiglie con servizi di salute mentale e fisica, istruzione, classi di recupero e opportunità professionali.
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