Editoriale

Il valore della Pace corrisponde al valore della sicurezza

Il secondo conflitto mondiale ha prodotto devastazioni morali e materiali mai conosciute nella storia dell’uomo ed ha coinvolto in qualche modo gran parte dell’umanità. Le sofferenze prodotte hanno scavato solchi ancora visibili, soprattutto nella coscienza collettiva europea al punto che le stesse esigenze di difesa e di salvaguardia delle aree di stretto interesse economiche e vicine territorialmente al vecchio continente, sono oggetto di continue incursioni di altre potenze senza che susciti moti di reazione sufficiente o almeno di accurata gestione politico-diplomatica.

Questo andamento dal dopoguerra, si è ancor più radicato dall’affermazione della funzione di “poliziotto” delle aree di crisi degli Stati Uniti, riconosciuta tale almeno dagli europei ed occidentali in genere dopo le rovine del conflitto mondiale. Da osservatori disattenti si potrebbe sostenere che il nostro continente da allora ha abbracciato la fede pacifista e che questo stato delle cose è positivo, ma a ben vedere potremmo dire che la palma della Pace non cresce solamente astenendosi dal voler guardare in faccia i gravi rischi che si addensano per il futuro ed ancor più quelli che viviamo nel presente.

La conclusione relativamente recente dell’interesse a “sorvegliare”  le aree dell’est europeo, del Medio Oriente e del nord Africa da parte degli americani, ha creato gravi guasti che potrà in prospettiva condurre a conflitti e a destabilizzazioni a catena che possono danneggiare la nostra economia, provocare migrazioni ancor più consistenti di quelli odierni, comunque rischi alti per la nostra sicurezza. Un’area storicamente calda, incustodita, attrae inevitabilmente potenze con altre culture ed interessi, che peraltro già sono molto attivi e minacciosi da tempo. Lo abbiamo già sperimentato con grande evidenza in Siria, in Libano, in Israele, in Libia; ma non di meno in altri paesi aggrediti da una spregiudicata e silente penetrazione o sottoposti a pressioni molto forti come accade in Ucraina.

L’intensificazioni delle attività di penetrazione nelle situazioni instabili di Iran, Turchia e Russia sono sotto gli occhi di tutti, al punto che il “mare nostrum” non si può dire che sia nostro. Dunque gli Stati europei si devono decidere a conferire alla Unione Europea il potere di costituire una sola intelligence, una sola diplomazia, un solo esercito, per far sì che si riesca ad uscire dall’equivoco che fa ritenere incompatibile la cultura della Pace con la organizzazione della propria sicurezza. Ed invece provvedere con cura e determinazione alla propria protezione, allontana gli Stati avventurieri in cerca di potere dalla nostra area regionale; non comprenderlo può per noi essere fatale. Per questa ragione è importante impegnarci, senza distrazioni ad occuparcene, e velocemente.

Raffaele Bonanni

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