Editoriale

Le tre strade che portano alla pace

Il Papa lancia incessantemente il suo appello ai governanti e a quanti hanno responsabilità politiche e sociali, ai pastori e agli animatori delle comunità ecclesiali, come pure a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché “insieme camminiamo sulle tre strade che conducono alla pace: il dialogo tra le generazioni, l’educazione e il lavoro”. Sentieri da percorrere con “coraggio e creatività”. Infatti Francesco propone al mondo tre vie da percorrere “per la costruzione di una pace duratura”. Anzitutto “il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi”. Quindi “l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo”. Infine “il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana”. Tre “elementi imprescindibili” per “dare vita ad un patto sociale”, senza il quale “ogni progetto di pace si rivela inconsistente”. Per il nostro impegno di costruttori della pace, oltre a sapere che nella “Pacem in terris” si trova l’elenco più completo dei diritti e dei doveri delle varie encicliche sociali, è importante valorizzare la chiara impostazione e la precisa fondazione teologica ed antropologica di essi.

Essi si debbono considerare un corpus in movimento, suscettibile di approfondimento e di aggiornamento ai mutati contesti sociali, aventi come soggetti non solo i singoli, ma anche i gruppi di persone e le varie comunità. L’elenco dei diritti e dei doveri formulato dalla Pacem in terris è stato successivamente completato, specie con riferimento ai diritti di terza generazione (il diritto alla pace, allo sviluppo plenario qualitativo, sostenibile, all’ambiente morale, all’ambiente salvaguardato, all’ecologia integrale) e ai diritti di quarta generazione o diritti di personalità. Si pensi al diritto ad un patrimonio genetico non manipolato, ai diritti delle generazioni future, al diritto alla riservatezza e alla tutela della propria immagine (contro il controllo indiscriminato della propria azione, magari attraverso le nuove possibilità offerte dall’informatica e l’accesso alle informazioni di banche dati), al diritto ad un’informazione corretta, non manipolata. Si è spesso notata una relazione tra la rivendicazione del diritto al superfluo o addirittura alla trasgressione e al vizio, nelle società opulente, e la mancanza di cibo, di acqua potabile, di istruzione di base o di cure sanitarie elementari in certe regioni del mondo sottosviluppato o in via di sviluppo, ma anche nelle periferie delle grandi metropoli. La relazione sta nel fatto che i diritti individuali, svincolati da un quadro di doveri che conferisca loro un senso compiuto, impazziscono e alimentano una spirale di pretese e di rivendicazioni praticamente illimitata e priva di criteri.

L’assolutizzazione dei diritti sfocia nella dimenticanza dei doveri. I doveri delimitano i diritti perché rimandano al quadro antropologico ed etico entro la cui verità anche questi ultimi si inseriscono e così non diventano arbitrio. Per questo motivo i doveri rafforzano i diritti e propongono la loro difesa e promozione come un impegno da assumere a servizio del bene. Se, invece, i diritti dell’uomo trovano il proprio fondamento solo nelle deliberazioni di un’assemblea di cittadini, essi possono essere cambiati in ogni momento e, quindi, il dovere di rispettarli e perseguirli si allenta nella coscienza comune. E la condivisione dei doveri reciproci mobilita assai più della sola rivendicazione di diritti.

Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace Jorge Mario Bergoglio auspica che “all’investimento sull’educazione si accompagni un più consistente impegno per promuovere la cultura della cura”. Essa, “di fronte alle fratture della società e all’inerzia delle istituzioni, può diventare il linguaggio comune che abbatte le barriere e costruisce ponti”. Di qui la necessità di forgiare un “nuovo paradigma culturale”, attraverso “un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. Un patto che promuova “l’educazione all’ecologia integrale, secondo un modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente”.

mons. Mario Toso

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