Editoriale

La sfida di aprirci all’accoglienza nei confronti dei profughi ucraini

Come sessant’anni fa per la crisi missilistica di Cuba, il mondo si affaccia nuovamente sull’abisso della catastrofe nucleare. L’umanità soffre le incertezze e sofferenze, legate ancora alla pandemia e alle sue conseguenze in campo psicologico, sociale e religioso, che stiamo sperimentando da circa due anni. A queste si aggiungono i drammi della guerra in Ucraina e in altri paesi e le molteplici povertà vecchie e nuove. Per sentirci tutti fratelli e sorelle siamo chiamati ad essere portatori di speranza e operatori di pace, a stare vicini alle sofferenze delle vittime di tutte le guerre, ad aprirci alla solidarietà e all’accoglienza nei confronti dei profughi ucraini e di tutte le persone costrette a lasciare la loro patria a causa di guerre, persecuzioni e calamità naturali.

Nonostante il momento drammatico che stiamo attraversando noi cristiani siamo chiamati a credere nella sovranità dell’amore di Dio che vince la morte. Solo così alla schiavitù degli idoli, del denaro, del potere, del piacere subentra la libertà dei figli di Dio, alla tristezza dominata dalla paura sul futuro subentra la gioia, all’egoismo che ci fa chiudere nel nostro tornaconto subentra l’amore che si esprime in gesti di solidarietà e di responsabilità.

Siamo chiamati a confrontarci con gli avvenimenti della vita quotidiana, gravata dal pesante bagaglio di sofferenza, di dolore e di morte. Non dobbiamo distogliere lo sguardo dalla violenza cieca che insanguina diversi paesi, dai gesti di vandalismo da parte di bande giovanile sbandate, dalla situazione di malessere che pervade il nostro tessuto sociale a causa della crisi dei valori morali, dalla presenza ancora del virus pandemico, della mancanza di lavoro e dell’insicurezza economica, che genera rassegnazione ed angoscia esistenziale. Affrontiamo l’orrore per quanto avviene in Ucraina e altrove e ci pervade lo sgomento per quanto di male accade ogni giorno nella nostra società. Ma ciò non deve farci chiudere in uno smarrimento che ci lascia prigionieri delle nostre paure.

Lasciamo entrare la speranza cristiana particolarmente dove lo scoraggiamento e la malinconia cercano di avere il sopravvento. A sostenerci è la certezza della misericordia di Dio, che come un fiume è in grado di irrigare i deserti del nostro mondo. Perciò dobbiamo diventare messaggeri di questa misericordia, custodi della nostra casa comune, impegnati a far fiorire la giustizia e l’amore e ad accogliere in un abbraccio di pace tutti.

mons. Michele Pennisi

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