Editoriale

Senza gratuità la vita perde sapore

La gratuità ha una caratteristica: non riconduce quello che facciamo esclusivamente a quello che materialmente dobbiamo fare, ma va oltre. La gratuità, frutto dell’amore, è un’eccedenza rispetto alle cose da fare. Se uno vuol fare solo quello che gli compete e quello che è giusto senza che questa giustizia sia informata dall’amore, è un burocrate non un uomo che incontrato Cristo. L’aspetto gratuito del nostro agire è un amore a Dio, a noi stessi, al prossimo. Solo se la nostra vita concreta sarà animata dall’amore sarà più creativa, più lieta, più utile, più consapevole del sacrificio, più capace di resistenza di tenacia.

Il Magistero sociale della Chiesa, auspica una maggiore cooperazione internazionale in campo economico improntata sulla logica del dono e della gratuità da parte delle nazioni ricche alle nazioni in via di sviluppo, con cui intrecciare relazioni di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità. Non fermatevi alla superficie delle cose abbiate un cuore che vede le miserie umane in voi e attorno a voi e trasmette il bene senza stancarsi. E quella gioia che gratuitamente avete ricevuto da Dio, gratuitamente donatela (cfr Mt 10,8), perché tanti la attendono! E la attendono da voi.

Le parole di Gesù a Zaccheo, che sembrano dette apposta per noi oggi, per ognuno di noi: «Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi con te. Aprimi la porta del tuo cuore”. Gesù ti rivolge lo stesso invito: “Oggi devo fermarmi a casa tua. Il Signore desidera venire a casa tua, abitare la tua vita di ogni giorno: lo studio e i primi anni di lavoro, le amicizie e gli affetti, i progetti e i sogni. Quanto gli piace che nella preghiera tutto questo sia portato a Lui! desidera che la sua Parola parli ad ogni tua giornata, che il suo Vangelo diventi tuo. Mentre ti chiede di venire a casa tua, Gesù, come ha fatto con Zaccheo, ti chiama per nome. Tutti noi, Gesù chiama per nome. Il tuo nome è prezioso per Lui. Il nome di Zaccheo evocava, nella lingua del tempo, il ricordo di Dio. Come circa venti secoli fa davanti a Zaccheo, oggi Cristo si presenta a noi e a ciascuno di noi personalmente dice: “Oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19, 5). Zaccheo corse a casa sua per preparare l’accoglienza di Cristo e li ricevette con il cuore dilatato, noi dobbiamo fare lo stesso. Zaccheo pieno di gioia di fronte a Gesù non difese la sua onorabilità ed onestà, ma accolse Cristo a casa sua. Gesù veramente non dice nulla a Zaccheo, lo guarda con amore, allora questo pubblicano comprende e decide di cambiare la sua vita tirando le conseguenze pratiche: “Ecco Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto”.

Il pubblicano Zaccheo diventa così la figura del discepolo cristiano che non lascia tutto, come invece altri chiamati, ma rimane nella propria casa, continuando il proprio lavoro, testimone però di un nuovo modo di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia (“restituisco quattro volte tanto”) e la condivisione con i bisognosi (“dò la metà dei miei beni ai poveri”). Gesù rispose parlando anche alla folla: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli e’ figlio di Abramo. Il figlio dell’uomo infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che si era perduto”.  Da quel giorno Zaccheo è cambiato. L’incontro gratuito che Cristo gli ha proposto gli ha fatto sperimentare una gioia piena e scoprire il valore della gratuità.

mons. Michele Pennisi

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