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Perché l’eutanasia è sempre una sconfitta

Il suicidio assistito di Fabiano Dj Fabo ci scuote interiormente. Prima di lui altri italiani, circa una cinquantina, sono stati portati a compiere il gesto così estremo del togliersi la vita. E’ comunque un errore accanirsi in queste ore sullo strazio di una precisa persona e dei suoi familiari, sconvolti dal dramma della malattia e della morte. Non dovremmo vedere nessuno compiacersi né utilizzare per scopi politici il dolore umano al fine di issare la propria bandiera. Di fatto nessuno dovrebbe infrangere questo spazio così sacro né approfittare dello stato di grande debolezza che una persona sta affrontando. Togliersi la vita non può mai essere la risposta ad un bisogno di pace, alla legittima e disperata richiesta di non soffrire.

Il suicidio assistito, in qualsiasi forma lo si voglia addolcire con le parole, resta una terribile sconfitta per una società civile che dovrebbe essere in grado di sostenere i pazienti e i familiari, duramente provati, con quel l’amore più grande di ogni paura di vivere. Ho constatato direttamente nelle nostre tante case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, dove condividiamo la vita con tanti malati terminali, che se hanno accanto amici pieni di fede e di amore, di fiducia e di speranza, trovano una forza incredibile per lottare e benedire l’esistenza, nonostante tutto.

Noi cristiani abbiamo una risposta alternativa a chi vorrebbe legalizzare in Italia il suicidio assistito e l’eutanasia; una posizione chiara che non dovrebbe essere solo rispettata ma anche ascoltata, al fine di aiutare realmente i malati a comprendere il vero senso dell’esistenza, a combattere per la vita respirando con gli affetti più cari. Una società che si accanisce contro la vita favorendone la sua soppressione rischia di perdere la sensibilità al valore assoluto dell’accoglienza, da quel primo zigote fino al momento in cui soltanto il fautore delle creature dovrebbe decidere e nessun altro. C’è un concetto profondo di ecologia umana, affrontato dagli ultimi Pontefici, che non può essere dimenticato né perduto dalle nostre coscienze: la persona possiede una propria natura che non può manipolare perché l’uomo non si è auto fabbricato; mi fa impressione vedere tanti cattolici confusi e dimentichi dei propri principi quando invece servirebbe più coraggio nel difenderli senza troppe timidezze. L’individualismo imperante legato al relativismo pratico ha spinto questa umanità a non rispettare più l’esistenza specialmente quando essa è fragile e al limite delle sue forze. Noi dovremmo promuovere in Italia un’assistenza più attenta verso i malati più gravi, alzare la qualità delle attenzioni mediche, garantire un supporto psicologico e umano molto più attento e incisivo, non lasciando mai soli i familiari, anch’essi tanto bisognosi di sostegno.

Forse quello Stato assente, interpellato da Dj Fabo, dovrebbe sentirsi più richiamato a come migliorare la qualità della vita anche negli istanti finali piuttosto che risolvere tutto con la via breve della sua soppressione.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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