Editoriale

La Pasqua: festa della nostra speranza

Celebrare la Santa Pasqua significa riconoscere il dono dello Spirito affinché ci corrobori, ci fortifichi e ci infiammi per essere testimoni autentici del Risorto che è vivo e presente in mezzo a noi. Il fondamento della speranza non è semplice ottimismo e nemmeno un atteggiamento psicologico o un buon invito a farsi coraggio. Il Santo Padre ci ricorda cosa è davvero la speranza cristiana. E cioè un dono che Dio ci fa, se usciamo da noi stessi e ci apriamo a Lui. Questa speranza non delude perché lo Spirito Santo è stato effuso nei nostri cuori.

L’evangelista Matteo sembra narrare l’evento della Risurrezione come se fosse stato visto dalle donne. Esse si dirigono al sepolcro di buon mattino, ma non per ungere o imbalsamare il corpo di Gesù, come dicono Marco e Luca, ma per “visitarlo”. Ed ecco si apre una scena grandiosa: ci fu “un gran terremoto”, una forza travolgente che scuote le fondamenta della terra. Un angelo del Signore “dall’aspetto della folgore e in vesti bianche” discese dal cielo. Le guardie dono tramortite. Le donne sono impaurite, ma vengono incoraggiate.

Il  Consolatore, insegna Papa Francesco, non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma  infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonatisempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, ha vinto la morte, ha vinto la paura. La Santa Pasqua è la festa della nostra speranza. La celebrazione della certe che niente e nessuno potranno mai separarci dall’amore del Risorto. Matteo utilizza elementi simbolici, ripresi dal linguaggio dell’Antico Testamento usato per narrare la manifestazione del divio, e lo fa per aprire i cuori e le menti degli ascoltatori a considerare che in questa notte santa è accaduto un evento soprannaturale, un evento che è il gesto finale di salvezza, ed impegna gli uomini in una risposta di fede.

La Risurrezione scuote le fondamenta del peccato e della morte. Se la accogliamo si rovescia la prospettiva: la strada che ci sta dinanzi non si va più stringendo all’orizzonte verso un punto, ma si apre allargandosi sempre più, verso l’infinito. Beato chi sa soffrire per le ingiustizie, sa piangere per le ferite della mancanza d’amore, sa rimanere leale e paga di persona pur di non venir meno alla parola data, è fedele nelle piccole cose rinunciando ad approfittarsi delle situazioni. Beato chi sa leggere la storia della Risurrezione di Cristo, alla luce dell’amore fedele di Dio. Beato chi ha riconosciuto in Gesù la rivelazione dell’eterno amore del Padre.

card. Mauro Gambetti

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