Editoriale

Partecipazione responsabile: è l’ora dei lavoratori

La Cisl, dal dopoguerra, ha tentato più volte di far attuare l’articolo 46 della Costituzione sulla partecipazione dei lavoratori alle decisioni delle imprese. Un tema molto vicino alla cultura della partecipazione responsabile dei lavoratori indicata dalla Dottrina sociale della Chiesa Cattolica, che vede nella partecipazione responsabile dei lavoratori l’affermazione della dignità del lavoro ed il mezzo per sviluppare la buona economia.

Sono passati più di settant’anni, eppure la Repubblica fondata sul lavoro non ha mai potuto fare un passo avanti su questo importante tema. L’alleanza di fatto tra liberisti e sinistra radicale sinora è riuscita sempre ad ostacolare l’attuazione della perla più splendente della cultura sociale europea, pilastro della economia sociale di mercato.

Persino Enrico Mattei, un grande italiano e grande imprenditore, fu fermato da costoro con palesi opposizioni nel proposito che aveva di inserire un operaio ed un impiegato scelti dai lavoratori nel cda dell’Eni che dirigeva, ispirato com’era dalla dottrina sociale della Chiesa e dalla Costituzione.

Questa innovazione del lavoro l’attuarono invece in Germania già negli anni Sessanta. Attraverso essa hanno potuto responsabilizzare i lavoratori con la partecipazione alle decisioni aziendali al punto da raggiungere l’apice della più moderna ed efficiente potenza industriale del pianeta. Anche la Francia ha proceduto più di 10 anni fa a legiferare. I nostri cugini d’oltralpe ed i tedeschi si sono limitati ad applicare la normativa alle grandi e medio grandi aziende, per semplificare il sistema di gestione e, con questa, influenzare la crescita dello spirito collaborativo.

In questo modo hanno dato forza alla produttività maggiore ripagata da maggiore salario orario, e dalla partecipazione alla redistribuzione dei maggiori utili. Ora, a riportare in campo l’art. 46 ci sta provando di nuovo la Cisl, da sempre alfiere della partecipazione. E sembra che il governo Meloni abbia intenzione di far proprio il proposito. Alcuni, tra oppositori e scettici della operazione, già storcono il muso; ma si sa, sono sempre stati contrari alla partecipazione e collaborazione. Hanno sempre pensato alla rappresentanza politica del lavoro senza rappresentanti dei lavoratori.

Ma questa riforma si allinea benissimo con le importanti riduzioni di tasse sui salari di produttività, e se si dovesse decidere di incentivare con il fisco anche il possesso delle azioni dei lavoratori nel poterli anche farli contare collettivamente negli assetti societari, si potrà cambiare la faccia dell’Italia. I lavoratori avranno spazi e ciò potrà far crescere la loro responsabilità.

Raffaele Bonanni

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