Editoriale

Perché Mario Draghi piace all’Europa

Mario Draghi è l’uomo giusto al momento giusto. Se si vuole tenere in piedi la democrazia italiana si devono affrontare bene i prossimi mesi, perché la crisi è peggiore di quello che può sembrare e questa finestra di aiuti dall’Europa – che da giugno dovrebbero iniziare ad arrivare – devono essere indirizzati dove possono fruttare o rischiano di non portare grandi benefici.

In tutto questo, il governo precedente ha avuto il merito di riuscire a portare avanti le trattative, ma da un certo punto in poi si è capito che non poteva essere più lui a gestire la partita. Passatemi la metafora, ma è un po’ come nel calcio: quando si giocano competizioni importanti, non puoi pensare di vincere con gli stessi con cui hai vinto in serie B, per evitare bocciature e imprevisti.

Draghi fa guadagnare punti all’Italia anche da un punto di vista di reputazione. L’Europa può apparire come un club molto ristretto e in qualche modo essere ben accetti è un buon punto di partenza. Negli ultimi anni la politica italiana, nel suo rinnovamento, ha avuto figure che con l’Europa hanno avuto rapporti conflittuali. Draghi, invece, è una delle poche persone che, uscendo dalla cronaca più stretta, rimarrà nella storia dell’Europa. Quello che lui ha fatto nella crisi del 2011-2012, quella chiamata dei debiti sovrani, guidando la Banca centrale europea ha fatto un lavoro stupendo, che probabilmente si studierà nei libri di economia. Che lui riesca a fare lo stesso con l’Italia ce lo auspichiamo.

L’Europa aspetta il governo Draghi con grande ottimismo, ammirazione, fiducia, non vedono l’ora di iniziare a lavorare. Sicuramente è un bene anche per l’Europa perché, con i soldi del Next Generation, l’Ue stessa si gioca molto su questo piano e che ci sia Draghi a gestirlo per l’Italia, il Paese che più ne beneficerà ma è anche nel mirino, è sicuramente rassicurante.

Draghi, in qualche modo dovrà correggere anche delle storture: l’Europa negli ultimi anni ha sempre trattato l’Italia come il professore che rimanda in continuazione lo studente che si presenta all’esame impreparato. Abbiamo avuto anni di “bacchettate” sulle dita all’Italia che doveva sempre tornare a fare i compiti a casa. Ora, penso che sarà più difficile rimandare Draghi a fare i compiti a casa.

Certamente, lui non ha la bacchetta magica, dovrà mettere in atto un piano che sicuramente scontenterà qualcuno, ma essendo lui fuori dalla dinamica del consenso – Draghi non punta a fare un proprio partito -, riconduce il tutto dentro una dimensione di maggiore correttezza formale. Lui non è solo un tecnico, ma è anche un politico, ed è molto diverso da Mario Monti. Tra i due, inoltre, c’è una grande differenza: Monti arrivava per tagliare e salvare, Draghi deve investire; è una missione diversa. Draghi ha una macchina con molta benzina, Monti doveva cercare di far arrivare la macchina con poca benzina, anzi con il serbatoio quasi vuoto.

Leonardo Panetta

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