Editoriale

Il sigillo della Santa Trinità

Qualcuno ha detto che se vuoi far ridere Dio, devi raccontargli i tuoi pensieri. Ma il profeta Isaia ha detto che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri, e le sue vie non sono le nostre vie (Is 55, 8). La logica divina si confronta sempre con quella umana, soprattutto quando preferiamo seguire i nostri piani e le nostre visioni, allontanandoci dalla ricerca della sua volontà.

Siamo condannati alla tensione di queste due logiche? Dobbiamo percepire Dio come qualcuno che sta godendo dei fallimenti dei nostri piani? Il mistero della Santissima Trinità sembra offrire una soluzione: non facile, ma di prospettiva, una strada che almeno potrà iniziare a diminuire proprio questa tensione.

Se guardiamo nella Sacra Scrittura i momenti, spesso discreti, dove appare l’attività della Santissima Trinità, possiamo fare un tentativo di avvicinarci a questa logica divina. È un esercizio di immaginazione, meditazione e contemplazione.

Prendiamo per esempio la scena dell’Annunciazione. L’arcangelo Gabriele racconta a Maria l’opera misteriosa della Trinità: lei concepirà il Figlio di Dio, per opera dello Spirito Santo – lo stesso che dopo Gesù prometterà e manderà agli Apostoli. Si, il Padre genera il Figlio, ma dallo Spirito. Successivamente lo Spirito rimane discreto – appare solo al battesimo nel Giordano, solo alla fine diventando promesso e mandato per compiere le opere del Figlio e consolare gli Apostoli durante l’assenza del Figlio. Che diversità, precisione e sottigliezza di cooperazione! E che finezza di presenza: sia nell’Incarnazione, sia nell’Ascensione al cielo, sia nel giorno di Pentecoste: Dio è sempre con noi, ma in vari modi. Unico e solo non ci lascia mai – ma ci accompagna con le varie persone della sua divinità. Lo fa con tanta leggerezza e fantasia! Basta paragonare due promesse dello Spirito Santo.

Nel versetto 26 del capitolo 14 di Giovanni leggiamo: “Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me” Nello stesso versetto del capitolo successivo invece: “Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me”. Allora chi manda lo Spirito – Gesù? il Padre? Insieme? Come? È il problema che ha interessato le riflessioni di tanti teologi – e che hanno diviso la Chiesa. Però vediamo anche qui la sua sottigliezza, quasi non da catturare con le categorie puramente umane. Lo intuiva Dante chiamando Maria “figlia del suo Figlio” – e anche Nicola di Cusa vedendo Dio come “coincidenza delle cose opposte”.

In realtà si tratta del mistero della presenza – che è sempre un’esperienza e testimonianza della vita divina. La Santissima Trinità è il centro della vita di Dio, la sua essenza: ineffabile, mai pienamente comprensibile ma sempre aperta per noi, dove ci invita attraverso tutta la storia della salvezza. Perciò il sigillo trinitario segna tutte le creazioni, tutto il mondo nelle sue varie forme di vita. Un tentativo di descrivere questo è stato compiuto da Sant’Agostino nel suo trattato sulla Trinità – meravigliato fino ad una certa “ossessione” dalla presenza penetrante della configurazione trinitaria in ogni particella del mondo e della nostra vita: la vedeva dappertutto.

Se è così: abbiamo lo spazio giusto per le nostre domande ed insicurezze, per scoprire che portano in sé il sapore della vita che può essere sentito solo nel contesto infinito della vita divina, dove il mistero della Trinità ci vuole invitare.

padre Bernard Sawicki

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