Editoriale

Il gap comunicativo tra Governo e Confindustria

Anche se il presidente del Consiglio lo nega, questo governo ha un problema con il mondo delle imprese. Ieri, nell’incontro a Villa Pamphilij con il presidente della Confindustria Carlo Bonomi, questo problema è emerso in tutta la sua preoccupante gravità. Conte ha più volte ripetuto che nel governo non c’è ostilità verso le imprese, e probabilmente si riferiva a certe tendenze presenti nella storia del Movimento Cinque Stelle, e che si sta facendo di tutto per aiutarle ad affrontare le conseguenze economiche della pandemia (che, come tutti abbiamo capito purtroppo, “non si sono ancora dispiegate in tutta la loro dimensione”). Per tutta risposta Bonomi ha fatto un elenco di richieste concretissime: ridateci i soldi non dovuti dell’accise provinciale (abolita) sull’energia; sbrigatevi a mandare i fondi della cassa integrazione che ancora non sono arrivati e che abbiamo anticipato noi industriali; pagate i debiti della Pubblica Amministrazione, fate un piano concreto di investimenti pubblici e soprattutto non distribuite soldi a tutti, come si dice: “a pioggia”, che non servono a nessuno.

Alle argomentazioni del ruvido presidente di Confindustria, Conte ha risposto un po’ piccato: ”Qui voliamo più alto”, come se le parole dell’interlocutore non fossero adeguate alla solennità dell’appuntamento di Villa Pamphilij. Il problema è invece proprio quello: la Confindustria chiede concretezza, più risorse per spese produttive, meno tasse, più libertà di impresa, e soprattutto un foglio excel dove ci siano scritti i numeri, le date, i nomi di chi deve operare, ecc.

Se non si supera questo gap di comunicazione tra il Governo e la nuova Confindustria “lombarda” di Bonomi (il quale, come è noto si è fatto precedere da una battuta sconcertante: “Fa più danni la politica del Covid”, poi ridimensionata), le cose non possono procedere bene: l’obiettivo di tutti è rimettere in piedi il sistema produttivo ma per raggiungerlo ci vuole una certa collaborazione tra i vari soggetti. E agli industriali, per come stanno mettendosi le cose, importa poco che alle spalle del presidente del Consiglio ci siano le difficoltà della maggioranza a condividere le decisioni sulle varie materie. Quello che conta – e qui industriali e operai la pensano allo stesso modo – è che l’Italia cambi marcia il prima possibile e capisca che la sfida economica che abbiamo davanti è la più pericolosa dal Dopoguerra ad oggi.

Marco Frittella

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