Da più di un anno e mezzo la guerra in Ucraina, e ora il nuovo, assurdo conflitto tra Hamas e Israele. E quasi ti manca il fiato mentre scorrono sugli schermi le immagini dei crimini di guerra e ascolti incredibili parole d’odio; e capisci che il pianto di Gesù non è solo su Gerusalemme, ma oggi anche sulla Striscia di Gaza, sul kibbutz di Kfar Aza e sugli ostaggi, su Bucha e su Kiev: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi” (Lc 19,42)…
Non sono certo un esperto di politica internazionale e di fronte a quanto sta accadendo mi confortano soltanto le sillabe preziose del vangelo e la testimonianza dei pacifici, anche perché i mercanti di armi e di morte sono scaltri e indemoniati: è impossibile contrastarli con le loro armi! Possiamo soltanto guardare a Gesù, “mite e umile di cuore” (Mt 11,19), che mentre viene arrestato dice al discepolo che aveva impugnato la spada: “rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno” (Mt 26,52). In Lui, che entra come re a Gerusalemme, si compie la parola del profeta: “Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Efraim, e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni” (Zc 10,9-10).
E’ una postura di mitezza che ci viene oggi consegnata da Gesù. Un atteggiamento inevitabilmente impotente di fronte alla potenza delle armi; l’unico però capace di ritrovare il volto dell’altro. Accogliere l’altro così com’è: questa è la via della pace. Perchè “il primo miracolo è accorgersi che l’altro esiste” (S.Weil). Riconoscerlo come portatore di doni. Accoglierlo dentro di sé, venerarlo.
Ma non c’è pace senza giustizia. E rimane attualissima la parola di Bonhoeffer: “il nostro essere cristiani oggi consisterà solo in due cose: nel pregare e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini”. Pregare e operare: mai l’uno senza l’altro, come aveva ben compreso San Tommaso Moro: “Dammi la grazia, Signore, che quanto è oggetto delle mie preghiere sia anche oggetto delle mie opere”. Non possiamo che chiedere sicurezza per Israele e dignità di vita per chi abita nella Striscia di Gaza!
Siamo chiamati allora a un ministero di intercessione. Ma “intercedere – come ci ricordò il card. Martini in occasione della prima guerra del Golfo – vuol dire mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto… Intercedere è stare là, nel mezzo, senza muoversi, senza scampo, cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio di questa posizione. Se la guerra sarà abbreviata… sarà certamente anche perché nei vicoli delle città dell’Oriente, nei meandri attorno alle moschee o sulla spianata del muro occidentale di Gerusalemme dove gli ebrei si radunano a pregare, ci sono piccoli uomini e piccole donne, di nessuna importanza, che stanno là, così, in preghiera, senza temere altro che il giudizio di Dio, prostrati, come dice Neemia, davanti al Signore loro Dio, confessando i loro peccati e quelli di tutti i loro amici e nemici, finché non si avveri la grande profezia di Isaia”, la profezia della pace.
E non è inutile, per chi crede nel Dio di Gesù, imparare l’intercessione dai grandi pacifici, testimoni e artigiani di pace: da Francesco di Assisi a Erasmo da Rotterdam, dai martiri di Tiberine, a Don Mazzolari, Tonino Bello, Franz Jagerstatter, Luigi Bettazzi.
Soltanto la via della pace e della riconciliazione potrà far uscire ebrei e palestinesi da questa follia. Perchè “il futuro dei bambini israeliani sta in quello dei bambini palestinesi e viceversa. Non ci sono scorciatoie. Per questo la parola del perdono è una parola potente e in un certo senso definitiva, senza se e senza ma. Solo i luoghi del dolore sono capaci di trasformare la morte in vita. E l’odio in un amore senza prezzo” (Massimo Toschi).
Ci tengo comunque a precisare che sono convinto della necessità di una lettura politica e socio-economica del conflitto in corso, e ci sono persone competenti che possono offrircela. Qui, volevo solo tentare di dire una parola cristiana.
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