Editoriale

L’insegnamento della Gmg di Lisbona: come Pietro nella Trasfigurazione

La Gmg di Lisbona come scuola di rinnovamento e condivisione per l’Ecclesia. Francesco conosce le difficoltà del rinnovamento. Un milione e mezzo di apostoli di verità e speranza. Lo Spirito Santo ci dà fastidio perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. Con il loro entusiasmo e la loro fede comunitaria i giovani ci sono maestri. Invece noi adulti spesso vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca, vogliamo addomesticare lo Spirito Santo. E questo non va. Perché Lui è Dio e Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove. Infatti, raccomanda Francesco, è la forza di Dio, è quello che ci dà la consolazione e la forza per andare avanti. Bisogna andare avanti. E spesso questo dà fastidio perché la comodità è più bella. Oggi sembra che siamo tutti contenti per la presenza dello Spirito Santo, ma non è vero. Anzi questa tentazione ancora è di oggi. Per Francesco siamo come Pietro nella Trasfigurazione (narrata nel Vangelo di ieri). “Ah, che bello stare cosi, tutti insieme!”, ma che non ci dia fastidio. Di più. Spesso noi adulti vogliamo andare indietro, ma questo si chiama essere testardi. “Questo si chiama voler addomesticare lo Spirito Santo. Questo si chiama diventare stolti e lenti di cuore“, avverte il Pontefice.Quella che esce dalla Gmg di Lisbona non è una appartenenza che si vorrebbe celebrare ma non vivere nelle sue conseguenze. Quando riafferma l’esigenza di un rinnovamento ecclesiale Francesco prende spunto dal martirio di santo Stefano. Il quale prima di essere lapidato annuncia la risurrezione di Cristo, ammonendo i presenti con parole forti. “Testardi! Voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo”. Stefano ricorda quanti hanno perseguitato i profeti. E dopo averli uccisi hanno costruito per loro una bella tomba e solo dopo li hanno venerati. Ai giovani il Papa testimonia una “Chiesa povera per i poveri“. L’antidoto alla teologia da tavolino. Dalla Giornata mondiale della Gioventù in Portogallo, con l’intensa immersione spirituale nella devozione mariana di Fatima, esce rafforzata una Chiesa intesa come Popolo di Dio. Con la gerarchia al servizio dei fedeli. Anche Gesù, ricorda Francesco, rimprovera i discepoli di Emmaus: “Stolti e lenti di cuore, a credere a tutto quello che hanno annunciato i profeti!”.Incontrando un milioni di giovani Francesco si appella a tutti gli uomini di buona volontà. Dialogando con le altre religioni e con i non credenti. Tutto il suo pontificato è in uscìta. Per diffondere il messaggio cristiano nelle carceri, negli ospedali, nelle case e nei luoghi di lavoro. Un continuo aggiornamento sinodale. Un camminare insieme. Una rilettura del Vangelo nella prospettiva della cultura contemporanea. Un irreversibile movimento di rinnovamento che viene dal Vangelo. Perciò, adesso, bisogna andare avanti. Vivendo su una frontiera, quella in cui il Vangelo incontra le necessità della gente a cui va annunciato. I giovani non hanno bisogno di una teologia che si esaurisce nella disputa accademica. O che guarda l’umanità da un castello di vetro. Si impara per vivere. Teologia e santità sono un binomio inscindibile. La teologia elaborata nelle accademie deve essere radicata e fondata sulla Rivelazione, sulla Tradizione. Ma, su mandato di Francesco, è tenuta anche ad accompagnare i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili.Oggi più che mai la Chiesa deve farsi carico anche dei conflitti. Quelli che riguardano il mondo intero e che si vivono in ogni angolo del pianeta. Il luogo di riflessione siano perciò le frontiere. Un monito paterno e sollecito a non cadere nella tentazione di verniciarle. Di profumarle. Di aggiustarle un po’ e di addomesticarle. I buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada. E,con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini. Espressione di una Chiesa che è ospedale da campo, che vive la sua missione di salvezza e guarigione nel mondo. Quindi la misericordia non è solo un atteggiamento pastorale ma è la sostanza stessa del Vangelo di Gesù. Non una gioventù da museo che accumula dati e informazioni sulla Rivelazione senza però sapere davvero che cosa farsene. Né tantomeno una che resta al balcone della storia. L’adulto cristiano di domani sia una persona capace di costruire attorno a sé umanità. Di testimoniare e trasmettere la divina verità cristiana in dimensione veramente umana.

Giacomo Galeazzi

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