Editoriale

Le distanze e i punti d’incontro dei leader Ue a Versailles

Al momento non siamo ancora in una prospettiva di economia di guerra, ma occorre prepararsi”. Dal vertice Ue di Versailles il premier, Mario Draghi, prova a tranquillizzare l’opinione pubblica alle prese con la preoccupazione per le conseguenze del conflitto bellico tra Russia e Ucraina, ma non riesce fino in fondo a nascondere i timori. Che sono quelli di tutti, considerando l’atteggiamento complessivo dell’Europa rispetto al conflitto in corso e alle dinamiche interne ai Paesi membri.

Perplessità che non riguardano solo il tema dell’energia, con l’Italia che è al lavoro per trovare forniture alternative a quelle russe, ma anche altri tipi di materie prime. In particolare quelle relative al settore agroalimentare. “Una delle risposte che viene naturalmente data è che se questo dovesse perdurare o aggravarsi occorrerà importare da altri paesi, Stati Uniti, Canada, Argentina” spiega il premier. Insomma, bisogna cambiare scena e attori. Cosa non facile in tempi rapidi. “Dobbiamo immaginare che le interruzioni nei flussi di approvvigionamento possano accadere, specialmente se la guerra continuerà per tanto tempo”, ha aggiunto Draghi, “la risposta consiste nell’approvvigionarsi altrove, costruire nuove relazioni commerciali. Bisogna essere reattivi a queste cose, non bisogna soggiacere all’angoscia e alla preoccupazione, e subire passivamente”.

Più che un messaggio politico, quello del premier, una vera e propria guida economica dalla quale appare difficile prescindere. Tant’è che il capo del governo definisce il summit europeo “un successo, mai vista la Ue così compatta”. E lo dice incontrando i giornalisti nel Salon d’Hercule della residenza che fu dei re di Francia, alle sue spalle un pannello della presidenza francese con le immagini dei bombardamenti e delle vittime degli attacchi russi in Ucraina. Tutto molto simbolico, quasi evocativo, teso a nascondere gli aspetti meno positivi. Che ci sono. Dal vertice, in realtà, emergono non poche distanze tra i leader sul processo di adesione di Kiev alla Ue o sugli strumenti economici per affrontare la crisi. E lo stesso premier deve ammettere la diversità di vedute sull’avvicinamento dell’Ucraina alla Ue.

I Ventisette ribadiscono il loro sostegno all’Ucraina, ma senza procedura accelerata per l’adesione di Kiev alla Ue, in attesa del parere della Commissione. “Nessuno”, dice Draghi, “si aspettava un linguaggio aperto per una immediata adesione. L’Italia è molto a favore ma dobbiamo rispettare i Trattati”, aggiunge. Ma malgrado le distanze, assicura Draghi, sui punti chiave, si sta lavorando con “spirito di solidarietà”.

A partire dall’energia, su cui il summit fissa una risposta basata su quattro pilastri: diversificare le fonti di approvvigionamento, “sia trovando altri fornitori di gas rispetto alla Russia, sia puntando maggiormente sulle rinnovabili), fissare il tetto al prezzo del gas ( proposta che l’Italia sostiene e che la Commissione metterà nero su bianco al prossimo Consiglio di marzo), infine staccare il mercato dell’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili da quella del gas, e tassare gli extra-profitti delle società elettriche, con un gettito che Bruxelles stima in 200 miliardi di euro all’anno.

Quanto alla difesa, insiste il premier, oltre a maggiori risorse, serve un maggior coordinamento tra i Paesi, “dal momento che l’Ue spende 3 volte la Russia” in questo campo e non è quindi solo una questione si fondi. Certo, i nodi principali restano quelli finanziari. Ma non solo con quelli si costruisce il futuro.

Enrico Paoli

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