Nei giorni scorsi il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato un’ordinanza che di fatto decreta la possibilità per i parenti (solo chi è in possesso della “carta verde”) di andare a trovare – dopo il lungo stop a causa della pandemia – i propri cari che sono nelle Rsa. Un segnale molto importante, ma non basta. Però ci terrei a dire che questa pandemia, su questo rapporto con i nostri genitori, i nostri nonni, coloro che ci hanno preceduti, che ci hanno cresciuto, ci hanno dato l’opportunità di studiare, di aprirci a una famiglia, ci ha dato la possibilità di riflettere.
I nostri anziani hanno tutto il diritto di rimanere in famiglia, lo dico con forza, dobbiamo ripensare a un modello relazionale centrato sulla famiglia, dove i nonni non sono un peso, una sventura se si ammalano. Ma sono un tesoro prezioso che il buon Dio ci ha affidato e la società ha una responsabilità di tutela e cura nei loro confronti.
Voglio lanciare un grido a favore di queste persone: si deve impostare diversamente la vita. Ci deve essere un ritmo famiglia lavoro che permetta di accudirle, ma non solo, lo Stato deve prevedere uno stipendio per quei familiari che accudiscono i loro anziani, soprattutto se non autosufficienti. Quindi, benissimo poter rientrare nelle Rsa, andare a trovare chi si trova lì, ma penso che il desiderio di questi padri e nonni sia quello di stare con i propri figli e giocare con i propri nipoti, anche se non lo esprimono ad alta voce. Siamo noi che dobbiamo, come diceva il Servo di Dio don Oreste Benzi, recuperare quell’intelligenza di amore e rimettere al centro la famiglia, all’interno della quale i nonni sono uno dei tesori più preziosi.
Per fare questo sarebbe necessario una revisione profonda delle politiche a sostegno delle famiglie. Come ci dovrebbe essere l’assegno unico – che è già stato rimandato al 1 gennaio 2022 – così dovrebbe esserci un assegno di tutela e assistenza agli anziani. Va ripensato anche il modo di costruire le abitazioni: chiaro che se costruisco solo monolocali, non ci sarà spazio in famiglia per un anziano. Questa pandemia, questo tempo di crisi, che ha causato tanta morte ma non è per la morte, ma per la vita, ci deve far compiere uno scatto in avanti per ripensare e migliorare le politiche sociali e abitative, relazionali.
Servirebbe un potenziamento dei caregiver, di tutti coloro che si occupano della cura, va reimpostata l’assistenza domiciliare, l’assistenza domiciliare integrato, in modo che l’anziano possa essere curato e sostenuto in famiglia, a maggior ragione dopo lo scempio che abbiamo visto in questo anno e mezzo, ossia le tante vittime decedute a causa del covid nelle grandi strutture che in pandemia si sono quasi trasformate in obitorio.
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