Editoriale

Il dialogo tra cristiani è l’antidoto alle divisioni

Il dialogo come vocazione dei discepoli di Cristo. Il decreto sull’ecumenismoUnitatis Redintegratio” del Concilio Vaticano II rappresenta per la Chiesa cattolica un punto di arrivo. Di non ritorno. E di partenza. Con affermazioni significative e vincolanti. In un cammino di fondamentale importanza. Il mandato di Gesù per l’unità dei suoi fedeli (“ut unum sint“) interpella i cristiani a cercare le vie della riconciliazione. Il dialogo verso la ricomposizione in Cristo. L’ecumenismo rappresenta un disegno di grazia. Posto sotto la forza dello Spirito. Ai cristiani tra loro separati è richiesto l’interiore ravvedimento. Attraverso il desiderio dell’unione. Come segno dei tempi da riconoscere e accogliere. A servizio dell’unità del genere umano.Dallo spirito ecumenico nasce una tensione evangelica. In grado abbattere
i muri della divisione. E di  costruire ponti fra l’incontro fra religioni, popoli e culture.
L’inizio del movimento ecumenico moderno risale al 1910. L’anno dell’assemblea missionaria di Edimburgo. Quando i rappresentanti delle società missionarie protestanti, (più di 1300 persone) si riuniscono. Per trovare rimedio. Agli scandali e ai danni causati alla missione dalla divisione tra le Chiese. L’annuncio del Concilio da parte di Giovanni XXIII avvenne in un giorno emblematico. Il 25 gennaio 1959. Festa della conversione di San Paolo. Nella cattedrale romana di San Paolo fuori le mura. E segnò una svolta provvidenziale nel cammino ecumenico della Chiesa cattolica. Un percorso analizzato nel tempo da autorevoli teologi come don Orioldo Marson, docente delle Facoltà teologica del Triveneto. Vicario generale e “moderator Curiae” della diocesi di Concordia-Pordenone.La preoccupazione per l’unità dei cristiani è ben presente nel cuore e nel pensiero di tutti i pontefici. Dal dopoguerra ad oggi. Il Concilio ecumenico non ebbe soltanto lo scopo del bene spirituale del popolo cristiano. Esso volle essere anche un invito alle comunità separate. Per la ricerca dell’unità alla quale tante anime aspirano. In tutte le parti della terra. L’invito rivolto agli osservatori di tutte le Chiese a presenziare alle assemblee conciliari fu un gesto di notevole portata. Dopo anni di silenzi ufficiali. Di scambi per lo più sotterranei. Lasciati all’iniziativa personale. La Chiesa cattolica, dunque, intercettò l’urgenza del dialogo ecumenico. L’intero Concilio Vaticano II si è svolto sotto il segno dell’ecumenismo. Per lo spirito presente nei lavori conciliari. Come anche per la prospettiva generale dei documenti. La costituzione sulla Chiesa è la “Lumen Gentium“. In essa, dal punto di vista ecumenico, sono significative due scelte. Esse riguardano la struttura generale del documento. L’esposizione inizia presentando il popolo di Dio nel suo insieme. Prima di trattare della costituzione gerarchica della Chiesa. Se la Chiesa cattolica ha ricevuto dall’esterno l’ecumenismo. Con il Concilio Vaticano II ne ha fatto il suo programma. Dal Concilio sono nati gli impulsi. Che hanno permesso non solo l’istituzione del Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani. Ma anche una lunga serie di dialoghi bilaterali e multilaterali tra le diverse Chiese. La riscoperta della fraternità tra i cristiani, come scrisse Giovanni Paolo II nell’enciclica “Ut Unum Sint”, rappresenta il grande frutto del cammino ecumenico. Il Concilio ha rappresentato la svolta. E ciò ha consentito la partecipazione cattolica al movimento ecumenico.Sono diversi gli elementi di questa svolta. E cioè la costituzione del Segretariato per l’unione dei cristiani. La presenza al Concilio di osservatori non cattolici, i documenti conciliari. La domanda e l’offerta di perdono da parte di Paolo VI. Agli altri cristiani. Per i peccati commessi contro l’umanità.  A partire dal 1965 la Chiesa cattolica è entrata in dialogo. A livello internazionale e locale. Con tutte le altre grandi famiglie di Chiese cristiane. Da allora non si sono mai interrotti i dialoghi bilaterali. Con le principali famiglie confessionali e comunioni cristiane mondiali. Essi rappresentano una forma di impegno ecumenico particolarmente congeniale alla Chiesa cattolica. Il 5 dicembre 1965, nel corso di un’udienza generale, Paolo VI parlò del Concilio. E lo definì “un fatto che, per sua natura, deve durare“. Un atto “importante, storico e, sotto certi aspetti, decisivo” per la vita della Chiesa. “E’ chiaro che noi lo troveremo sui nostri passi ancora per lungo tempo- avvertì Paolo VI-. Ed è bene che sia così”.

Giacomo Galeazzi

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