Editoriale

Il duplice difficile incarico di Roberto Fico

Tecnicamente si chiama mandato esplorativo. Poi in cosa si risolverà lo vedremo a metà della prossima settimana, quando il presidente della Camera, Roberto Fico, al quale il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha affidato il compito di sbrogliare una complicata matassa, irta di nodi, tornerà al Colle per squadernare le possibili soluzioni, ma anche i probabili insuccessi. Perché sino a quando la variabile Renzi sarà una costante, tutto è possibile. Tutto e il suo esatto contrario.

Il leader di Iv, ed è chiaro a tutti, vuole avere in mano le istruzioni del gioco, del quale è convinto di poter determinare la soluzione. Un gioco rischioso, quanto quello dei ribelli a 5 Stelle che vorrebbero fermarlo definitivamente. Eppure ci vorrebbe altro. L’Italia, mai come ora, ha bisogno di certezze e non di vaghe stelle dell’orsa, ma la distanza siderale fra la politica e il Paese reale è tale da rendere macchiettistica l’affermazione ripetuta da tutti che quanto sta avvenendo lo stanno facendo per il Paese. Quale? Il nostro o il loro? Qualcuno, prima o poi, dovrà pure spiegarlo.

Nel frattempo siamo costretti, come spettatori legati alla poltrona, ad assistere ad uno spettacolo da basso impero, con l’Italia in emergenza, a cui serve un governo in tempi rapidi, con una maggioranza disponibile a sostenerlo. Ma è proprio questo ciò che dovrà verificare Fico, pallottoliere alla mano, ovvero la solidità dei numeri e se vi siano degli spigoli da smussare. In pratica sono questi i pilastri su cui poggia l’iniziativa assunta da Sergio Mattarella: incaricare il presidente della Camera, Roberto Fico, a capire cosa si può fare. Due i paletti posti dal capo dello Stato, il perimetro definito e i tempi rapidi.

Fico dovrà verificare se i partiti che sostengono l’attuale maggioranza sono ancora disposti, nonostante le frizioni delle scorse settimane, a restare insieme, sondando quindi solo M5s, Pd, Leu, Iv, Autonomie ed Europeisti. E dovrà farlo a spron battente, per riportare l’esito della sua verifica entro martedì al capo dello Stato. Fra i compiti dell’esploratore c’è quello di provare a sciogliere la distanza politica tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi e ricucire la faglia tra i parlamentari del Movimento 5 stelle.

Un duplice, difficile, incarico, ma è quella, del resto, l’unica possibilità praticabile, per il M5s, per un Conte ter. E’ il governo cui lavora il Pd, senza subordinate. Renzi preferirebbe un altro premier politico e proverà probabilmente a sondare la tenuta di pentastellati e Dem su un altro premier, magari lo stesso Fico. Ma per il Quirinale il mandato è chiaro: verificare se ci siano i margini per un Conte ter. Se così non sarà, per il “veto” di Renzi sul nome dell’avvocato, si aprirà una fase nuova gestita dal presidente Sergio Mattarella. E l’orizzonte del voto non è escluso.

Le elezioni sarebbero uno scenario non sgradito al premier, se sfumasse un incarico ‘ter’. Su questa linea sono schierati anche i Cinque stelle anti-renziani e ultra-contiani vicini ad Alessandro Di Battista. Ma sulle elezioni rischiano di spaccarsi i Dem e anche le truppe parlamentari grilline. Ecco perché, tra i “pontieri” più vicini al premier che fino all’ultimo confidavano in un reincarico, c’è chi adesso teme la postilla scritta in calce alla dichiarazione congiunta del centrodestra, che apre uno spiraglio a un governo di larghe intese.

Ed è proprio su quella postilla che fa leva Renzi per sostenere che l’unica alternativa a un governo politico con una maggioranza di centrosinistra che includa Iv è un governo tecnico, con premier alla Mario Draghi. In realtà un tecnico potrebbe essere chiamato da Mattarella anche a guidare un governo elettorale. E fonti parlamentari non a caso ricordano che quando nel 2018 il capo dello Stato diede l’incarico a Carlo Cottarelli, scattò la molla anti-u…

Enrico Paoli

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