Editoriale

Contro la pena di morte: la necessità di una moratoria a livello globale

Si celebra oggi la Giornata mondiale contro la pena di morte. Ha una grande importanza perché la vita è un dono meraviglioso, unico, irripetibile, che tutta l’umanità deve custodire. La pena di morte è una contraddizione in sé stessa. Chi ha compiuto del male certamente deve riparare. La soluzione, però, non è riparare a quel male uccidendo una persona. Si tratta di una giornata che deve far riflettere sul valore assoluto della vita. 

Si deve fare prevenzione, a partire dalle scuole, dalla società civile, è necessario educare all’accoglienza, al rispetto e al sostegno della vita: questa è la miglior prevenzione della pena di morte.

Sono molti i Paesi che ancora utilizzano la pena di morte, anche se molti stati piano piano la stanno mettendo al bando. Sarebbe importante che a livello globale si facesse una moratoria contro la pena di morte, oltre questo i politici, gli uomini di governo, la stessa Unione europea dovrebbe farsi paladina di una legislazione contro la pena di morte. In America, nazione dove sono molto diffusi il commercio e la detenzione delle armi, molto spesso si verificano delle stragi – a volte anche nelle scuole – che portano chi le ha compiute, in alcuni Stati, alla pena di morte. Devono essere messe in campo azioni politiche preventive che devono dissuadere delle scelte violente.

Nelle carceri dovrebbe esserci un percorso di riabilitazione del detenuto. In Italia non c’è la pena di morte, ma c’è l’ergastolo ostativo che è un principio molto simile: fine pena mai, ossia si pensa che la persona non possa recuperare. Ogni persona ha diritto di riparare vivendo e collaborando, avendo la possibilità di scegliere una vita diversa, lavorando per il bene comune all’interno del carcere o, come avviene nella Comunità Papa Giovanni XXIII, con la possibilità di scontare pene alternative che puntino sulla riparazione della coscienza e la rieducazione.

Un esempio, sono proprio i Cec, Comunità educante con i carcerati. Il ministro Cartabia ha preso in considerazione la nostra proposta di far uscire dalle carceri i bambini con le loro mamme. Stiamo attuando anche questa scelta molto importante: dimostra che è possibile un modo alternativo per riparare il male che si è fatto con percorsi che rispettino la dignità della donna o dell’uomo che ha compiuto il reato. 

Paolo Ramonda

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