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Ascoltare il richiamo, affondare la rabbia

Dalla paura all’accoglienza” è stato il giusto richiamo emanato dal Presidente della Cei, il Cardinale Bassetti, a favore dei migranti disperati provenienti dai Paesi africani. E' di fondamentale importanza sentire i nostri pastori della Chiesa mettersi dalla parte dei più deboli, dalla parte delle persone più indifese e disperate… E questo grido sarebbe importante udirlo, con ancora più incisività, anche dalle varie conferenze episcopali africane che dovrebbero conoscere e vivere direttamente questo dramma. Alcuni interpreteranno il richiamo della Cei come un attacco al nuovo governo e, in particolare, al ministro dell’Interno mentre se leggiamo con onestà intellettuale questa raccomandazione, possiamo scorgere l’intenzione di spronare un po’ tutti a non lavarsi le mani, nei diversi ruoli e responsabilità, dinanzi a chi sta fuggendo dalla guerra e dalle torture nella speranza di trovare un rifugio accogliente.

La Chiesa italiana richiama tutte le categorie sociali e istituzionali, vedendo con preoccupazione una tensione sociale dilagante e sempre più contrapposta. L’aggressività nei toni e nei modi con cui viene trattato il fenomeno migratorio, spesso con colpi bassi fatti di inutili battute sui social, sta producendo solo una dannosa esasperazione surriscaldando i pro e i contro al “metodo” di Salvini e quindi riducendo la gravità delle tragedie del mare solo in scontri politici. Potremmo dire che i media non aiutano molto a fare chiarezza, anzi sembrano sguazzare nello strumentalizzare le diverse reazioni così che qualsiasi affermazione può essere trasformata in una specie di editto. Ci sono certamente dei gravi errori di comunicazione, da una parte troppo spinta e cruda e dall’altra volutamente distorta e ambigua. Poi, di fatto, quasi tutti ammettono l’importanza di coinvolgere l’Europa per non lasciare sola l’Italia, di impegnare l’Africa come protagonista di nuove politiche e di contrastare con decisione i trafficanti di esseri umani; sono certo che nessuno desidera la morte dei migranti – esclusi i criminali – ma qualcosa di perverso e di diabolico sta impedendo il confronto costruttivo tra le istituzioni governative e quei corpi intermedi che vogliono partecipare concretamente al bene comune. Si preferisce “tirare il sasso e nascondere la mano”, litigare per esistere, fermarsi alle accuse, alle grida, alle offese e anche a certe menzogne e omissioni.

La polemica a ogni costo può inizialmente portare molti click ma non si salvano vite umane con i semplici consensi. E se, come credo, la salvezza delle vite umane resta la priorità per tutte le parti in causa, allora vale la pena mettere da parte i bollori dialettici e abbassare drasticamente i toni. L’auspicio che ritengo più urgente è quello di sedersi attorno a un tavolo per lavorare insieme senza prevaricazioni né sovrapposizioni bensì, nel rispetto delle proprie prerogative, mettere in comune le risorse buone e valide del Paese per studiare come soccorrere e accogliere i più deboli con più efficacia e collaborazione, magari anche attraverso la costituzione di un osservatorio. Sarebbe importante anche avviare corridoi umanitari dalla Libia continuando a rispettare il lavoro fondamentale della nostra Guardia Costiera e di tutti quei militari e poliziotti impegnati nel proteggere l’umanità garantendo la difesa della vita, sempre. Farebbero bene a tacere, invece, gli istigatori di odio che per ideologie e partito preso azzannano l’avversario restando poi, però, del tutto inermi. Torna particolarmente veritiero, specialmente in questo contesto, quell'antico e saggio proverbio per il quale “chi sta a terra giudica e chi è sul mare naviga”.

Di commentatori in Italia e nel mondo siamo strapieni, ed è anche abbastanza facile criticare restando comodi nelle poltrone; altra cosa è unirsi veramente per affrontare i problemi gravi e urgenti dando le risposte di cui i poveri hanno bisogno. Che le coste libiche siano impregnate di corruzione non può negarlo nessuno, così come certe connivenze tra varie mafie e alcuni apparati transnazionali che vorrebbero vedere l’Italia sommersa dai migranti rendendola sempre più debole. Un'Italia di fatto “commissariata” e svalutata è ciò che hanno sempre voluto  i francesi, gli inglesi, i cinesi e altri. Una valorizzazione condivisa dello straordinario apporto dato dagli italiani negli ultimi anni all'accoglienza di questi fratelli disperati – mentre il resto d'Europa chiudeva occhi e  frontiere – potrebbe essere un buon punto di partenza per trovare un terreno d'incontro tra i due differenti orientamenti esistenti nella società sul tema immigrazione. D'altronde, la consapevolezza che il nostro Paese sia stato lasciato solo, costretto a fare i conti con un fenomeno senza precedenti nell'indifferenza di Bruxelles, accomuna tutti in questo momento.

Il problema è molto complesso. Bene ha detto il Cardinale Bassetti: non si può pretendere “di offrire soluzioni a buon mercato”, è ora che un certo imbarbarimento di basso livello lasci veramente il posto a un dialogo serio tra tutti coloro che ci tengono a salvare questi nostri fratelli.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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