Cronaca

‘Ndrangheta: arrestato il boss Bellocco, era latitante da mesi

Il boss latitante Domenico Bellocco, esponente di spicco dell’omonima cosca di ‘ndrangheta calabrese, è stato catturato e arrestato. Si nascondeva in un casolare di Mongiana, vicino Vibo Valentia con documenti falsi. Bellocco, 44 anni, era ricercato dal novembre 2019 per associazione di tipo mafioso e traffico di sostanze stupefacenti.

La cosca Bellocco

I Bellocco sono una potentissima ‘ndrina di Rosarno, da sempre molto attiva nel narcotraffico, nel traffico di armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali nella Piana di Gioia Tauro, in particolare a Rosarno e a San Ferdinando, ma anche rapine a mano armata e usura.

L’approvvigionamento di droga attraverso il porto di Gioia Tauro è nelle mani di tre soli clan: i Mancuso, i Pesce e i Bellocco. Questi ultimi si prendono il 30% della partita in transito o in denaro o in stupefacente.

Operazione Magma

L’arresto odierno rappresenta il proseguo dell’operazione Magma che venne effettuata il 30 novembre 2019 e che portò all’arresto di 45 persone affiliate o vicine ai Bellocco tra la Calabria, l’Emilia Romagna, il Lazio e la Lombardia accusate a vario titolo di associazione mafiosa, traffico internazionale di stupefacenti, rapina e detenzione illegale di armi.

Erano riusciti ad ottenere appalti per la gestione dei rifiuti nella piana di Gioia Tauro mettendosi anche in contatto con ditte del Nord Italia. Nel litorale laziale tra Anzio e Nettuno si stava muovendo Umberto Bellocco che aveva affidato la gestione delle attività criminali a una persona rivelatasi poi inaffidabile e rimossa dall’incarico.

La droga proveniva dal Sudamerica, dall’area tra Buenos Aires e Montevideo dove vi era Giovanni Di Pietro (alias l’avv. Massimo Pertini) in passato condannato a 30 anni di carcere per sequestro di persona, e referente dell’organizzazione che trattava con i narcos e i colletti bianchi locali.

Nel dicembre 2019 ventisette persone, tra imprenditori, prestanome e consulenti economici, vennero indagati dalla Procura distrettuale antimafia di Brescia con accuse di estorsione, recupero crediti con atti di violenza ed intimidazione e reati legati al traffico di rifiuti.

Milena Castigli

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