“In Italia, nel 1931 scoppia il conflitto con il regime che controlla ogni attività e vorrebbe sottomettere anche l’Azione cattolica: resiste con mite determinazione. Pio XI la difende- spiega Accornero-. La replica del regime è ancora manesca. Attacchi sulla stampa, aggressione fisica alle persone e alle sedi. Il Papa risponde energico e severo: ‘Ci si può domandare la vita, ma non il silenzio’. E con provvedimenti che impressionano. Il Congresso eucaristico di Roma viene sospeso. Ed è l’anno senza Corpus Domini all’aperto, perché Pio XI vieta le processioni”. Testimonia Anna Rosa Gallesio Girola: “I fascisti volevano che ce ne stessimo chiusi in sacrestia. Alla diocesi di Torino lo stile fu quello impresso dal cardinale Maurilio Fossati. Un assoluto distacco dal fascismo. Una resistenza passiva che, pur non chiedendo a nessuno di esporsi a condanne o rappresaglie, segnò un duro termine di confronto per il regime”. Negli anni Trenta gli episodi di antifascismo nel mondo cattolico sono significativi. Ed è sempre più marcato il giudizio critico sulle leggi razziali contro gli ebrei (1938). Sull’entrata in guerra (1940). Sulla disastrosa avventura in Russia (1941-43). Dopo l’armistizio (8 settembre 1943) il rifiuto del nazifascismo si diffonde tra i cattolici. “La Resistenza non è riducibile al solo aspetto militare- precisa Accornero-. Molti cattolici aderiscono alle bande partigiane. Sostengono e aiutano chi opera in clandestinità. Lavorano alla ricostruzione dei partiti, specie la Dc, e dei sindacati. Si impegnano nei Cln locali. Gettano le basi per le future amministrazioni“.
Testimonianza
Sono numerose le testimonianze raccolte nel volume “Laici nella Chiesa, cristiani nel mondo”: “Una pagina particolare fu scritta dai molti internati in Germania che rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò. Soffrendo e morendo nei campi nazisti. Cadendo nei Balcani sterminati dai tedeschi. Né vanno dimenticati i sacerdoti che morirono nella deportazione. Don Piero Soffientini (Alessandria) e don Giacomo Volante. Le donne di AC sostennero la resistenza di mariti e figli. Tante religiose hanno pregato e operato per chi era perseguitato o lottava per la libertà. Gallesio, attivista della Gioventù femminile, figlia di un sindacalista del Partito popolare, collabora al quotidiano “L’Italia”. E in redazione organizza “una piccola base segreta di donne cattoliche che aiutavano la Resistenza. Ci occupavamo di distribuire la stampa clandestina e gli aiuti ai perseguitati. Rappresentavo la Dc nei gruppi di difesa della donna in cui erano presenti tutte le correnti politiche. Organizzavamo la partecipazione alla Resistenza e l’assistenza ai carcerati alle Nuove con suor Giuseppina de Muro e il cappellano padre Ruggero Cipolla”. Fu ingente l’opera di soccorso degli ebrei svolta dal cardinale Fossati e dal segretario monsignor Vincenzo Barale. “Senza l’organizzazione capillare della Chiesa, difficilmente saremmo riusciti a salvate tante vite umane. A mantenere i rapporti con i partigiani, a riunire i capi delle bande in modo da giungere a una azione concorde. Molti sacerdoti pagarono con la vita la loro azione generosa”, evidenzia Gallesio.
Liberazione culturale
“Vi è poi il contributo culturale e spirituale alla Resistenza offerto da tanti dirigenti e assistenti per mantenere rapporti di amicizia con i giovani in guerra e nei campi di internamento – sostiene don Pier Giuseppe Accornero-. In ambito intellettuale vanno ricordati movimenti come la Fuci e i Laureati cattolici; tra i preti animatori don Natale Bussi ad Alba, padre Enrico di Rovasenda e don Carlo Chiavazza a Torino, don Michele Pellegrino a Fossano. Una resistenza culturale che operava già silenziosamente negli anni Trenta, confermata dal disprezzo dei fascisti e dall’ingiusta accusa di ‘antipatriottismo’. Innumerevoli le prepotenze e le violenze dei fascisti contro cattolici. Spesso bastava la presenza della ‘spilla’ cattolica contrapposta alla ‘cimice’ fascista”. Renato Vuillermin, Gino Pistoni, Giacomo Dacomo, Giorgio Catti sono alcuni giovani partigiani cattolici uccisi dai fascisti. Gran parte della dirigenza AC del dopoguerra – che contribuirà in modo decisivo alla Costituzione e alla ripresa democratica – passa attraverso la Resistenza. In Piemonte numerosi partigiani cattolici sono guidati da una scelta non ideologica ma territoriale. E molti militano nelle divisioni delle Langhe, Alto Monferrato, Valle d’Aosta, Torinese, Astigiano, Cuneese, Novarese. Molto alto il numero di morti. Nel Cuneese 141 caduti dalle associazioni cattoliche. Tra i quali il 17enne Marcello Spicola, presidente della Giac dell’oratorio salesiano di Cuneo. Poi l’Associazione Pier Giorgio Frassati (la “Frass”) guidata da Giorgio Boggia.
Sacerdoti e vescovi
“Molti preti partecipano alla vita delle bande. Sacerdoti e vescovi svolgono una funzione decisiva nella difficile mediazione tra occupanti, popolazione e partigiani. E mettono in salvo numerosi ebrei e perseguitati – puntualizza don Accornero-. Tra loro don Michele Balocco, segretario di monsignor Luigi Maria Grassi vescovo di Alba. Don Ambrogio Ceriani, sacerdote giuseppino che opera con i garibaldini nell’Astigiano. Don Piero Giacobbo viceparroco a Bra e cappellano degli autonomi della ‘Mauri’ nelle Langhe. Don Aquilino Molino, assistente dell’AC astigiana. Don Raffaele Volta, fossanese mandato dal vicario generale don Michele Pellegrino. Don Sebastiano Trossarello parroco in Valle di Susa. Don Bartolomeo Ferrari, ‘don Berto’ cappellano della divisione ligure-piemontese ‘Mingo’. Don Giovanni Galliano segretario di Giuseppe Dell’Omo, vescovo di Acqui. Gino Baracco, torinese e ‘aspirante’ all’oratorio alla Crocetta con Carlo Carretto”.