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Coronavirus, il lockdown pulisce l’aria ma resta l’incubo Co2

Da tempo l’umanità non si confrontava con un evento così drammaticamente epocale. Non solo per la sua portata a livello sanitario ma per la sua capacità di insinuarsi nelle pieghe del nostro tessuto sociale, intaccando anche i più semplici spaccati di quotidianità. Il coronavirus, in poco più di un mese, ha avuto la tragica capacità di modificare radicalmente l’assetto societario di quasi ogni Paese, costringendo alcuni al lockdown, altri a ridurre sensibilmente il consueto modus operandi della vita di ogni giorno, creando di fatto un mondo sospeso. Che, nondimeno, anche con un’umanità che lotta per sconfiggere un nemico invisibile, chi in prima linea, chi stando a casa, la sua strada continua a percorrerla, “approfittando” dello squarcio nel muro invisibile dei ritmi dell’uomo per mostrarci scene a cui, forse, nessuno di noi aveva da tempo l’occhio allenato.

Dalle fake a dati reali

Negli ultimi giorni, accanto all’ondata di meme e post a tema Covid, volti a esorcizzare in qualche modo la paura per una piaga che continua a produrre numeri spaventosi, alcune immagini circolate via social hanno mostrato volti del tutto particolari delle città deserte, immortalando presunte scene di animali che, vista la temporanea assenza dell’uomo, avrebbero deciso di tentare un prudente ritorno in ambienti dove, da troppo tempo, non se ne vedeva traccia. Fotografie che, per la maggior parte, si sono rivelate fake news ma che in qualche modo hanno contribuito a porre l’accento su un dato che, invece, assume contorni decisamente più concreti. Lo stop forzato alle attività produttive, infatti, ha inevitabilmente creato un effetto diretto, migliorando sensibilmente la qualità dell’aria, priva per la maggior di smog e, quindi, di emissioni inquinanti. Le ultime immagini, in ordine di tempo, sono arrivate dal satellite artificiale Sentinel 5, lanciato dal programma Copernicus e gestito da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (Esa), il quale ha immortalato dalla stratosfera la minor concentrazione di No2 (o biossido di Azoto) nel Nord Italia, solitamente l’area più densa di gas di scarico e, quindi, di una coltre ben visibile anche dallo spazio. Scene già viste in Cina e, da qualche giorno, anche su metropoli come New York.

Relazioni discusse

Dati confermati da più parti, prima conseguenza “esterna” dell’isolamento forzato e, soprattutto, immediata. Il quasi azzeramento degli scarichi dei veicoli ha fatto sì che la qualità dell’aria migliorasse immediatamente, risultando più pulita o, comunque, priva degli addensamenti di particolato e diossido che la normale routine fatta di traffico e via via giornaliero di ogni tipo di vettura contribuisce a creare. Punto di accesa discussione, negli ultimi giorni, il capire se l’addensamento di polveri sottili possa o meno aver contribuito alla più rapida diffusione del contagio e, nondimeno, se una migliore qualità dell’aria possa ottenere l’effetto contrario, ossia ridurlo. Considerazioni che ha provato a mettere in fila la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), indicando una possibile relazione fra i territori a maggior incidenza di polveri sottili e la diffusione più repentina del coronavirus nel nostro Paese. Nessuna prova evidente comunque, dal momento che l’analisi non costituisce una vera e propria ricerca scientifica provata.

Questione Co2

Del resto, il miglioramento repentino e sensibile della qualità dell’aria nell’area Padana, solitamente la più vessata dalla propagazione di polveri sottili, non costituisce un segnale del tutto incoraggiante sulla questione riscaldamento globale. Il quale, anzi, potrebbe correre il rischio di ricevere un imprevisto incentivo in fase di ripresa economica, una volta archiviata l’emergenza sanitaria “Chiaramente – ha spiegato a Interris.it Antonello Provenzale, direttore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR -, la parte di inquinamento diretto è diminuita molto. Questo però non vuol dire nulla in merito alle emissioni di Co2. Le sostanze inquinanti delle città hanno poco a che vedere con la Co2 che, invece, sta continuando ad aumentare. Certo, fermando fabbriche e traffico, l’inquinamento cala ma il riscaldamento continua”.

Un tema dibattuto

Al momento, la questione sanitaria resta una priorità assoluta. Ragionando in termini futuri, però, il caos che l’epidemia porterà inevitabilmente sugli assetti economici globali potrebbe riaccendere seriamente il dibattito sulla questione ambientale, colonna portante dell’anno passato e sfida principale (perlomeno prima della pandemia) alla quale gli Stati, europei e non, erano chiamati a dare risposte: “Il tema dibattuto in questo momento è il post-emergenza, capire come fare perché indubbiamente ci sarà una crisi economica e molti sforzi per uscirne. Considerando la precedenza scontata alle strategie per venirne fuori, il tema climatico e ambientale rischiano di rimanere in secondo piano. E questo potrebbe essere molto pericoloso su un tempo più lungo. Si sta iniziando a discutere di come potrà essere affrontato questo dopo crisi“.

Da un’emergenza all’altra

In sostanza, preso atto del lockdown come causa primaria e a filo diretto di un’aria più pulita, la fase successiva necessiterà di una gestione altrettanto vigile: “Ci sarà bisogno che tutti i comitati governativi o internazionali veglino su una ripresa economica che non oscuri completamente la necessità di ridurre le emissioni di Co2. L’emergenza adesso è un’altra ma l’inverno è stato caldissimo. Incendi ce ne saranno, alluvioni anche e quindi, una volta usciti da tutto questo, bisognerà riprendere a pensare seriamente al tema ambiente. Chiaramente ora si dà la precedenza a sentimenti di paura o incertezza legati alla diffusione del virus ma, allo stesso tempo, ci sarà da ragionare su uno sviluppo più sano in relazione con l’ambiente. Il mondo naturale ha delle sue dinamiche che se non rispettiamo prima o poi ci colpiscono”.

Damiano Mattana

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