Sono stati testimoni del Vangelo fino a sacrificare la loro vita. Le informazioni raccolte dall’agenzia missionaria vaticana Fides rilevano che nel 2023 sono stati uccisi nel mondo 20 missionari. Un vescovo, 8 sacerdoti, 2 religiosi non sacerdoti, 1 seminarista, 1 novizio e 7 tra laici e laiche. Si registrano 2 missionari uccisi in più rispetto all’anno precedente. Secondo la ripartizione continentale, nel 2023 il numero più elevato torna a registrarsi in Africa. Dove sono stati uccisi 9 missionari: 5 sacerdoti, 2 religiosi, 1 seminarista, 1 novizio. In America sono stati assassinati 6 missionari. Un vescovo, 3 sacerdoti, 2 laiche. In Asia sono morti, uccisi dalla violenza, 4 laici e laiche. Infine in Europa è stato ucciso un laico. Fides usa il termine “missionario” per tutti i battezzati. Riconoscendo che in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un “soggetto attivo di evangelizzazione”. Secondo quanto ribadito da papa Francesco nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium“.
Uno dei tratti distintivi che accomunano la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2023 è la loro normalità di vita. Non hanno compiuto cioè azioni eclatanti o imprese fuori del comune che avrebbero potuto attirare l’attenzione e farli entrare nel mirino di qualcuno. Sacerdoti che stavano andando a celebrare la Messa. O a svolgere attività pastorali in qualche comunità lontana. Aggressioni a mano armata perpetrate lungo strade trafficate. Assalti a canoniche e conventi dove erano impegnati nell’evangelizzazione, nella carità, nella promozione umana. Si sono trovati ad essere, senza colpa, vittime di sequestri, di atti di terrorismo, coinvolti in sparatorie o violenze di diverso tipo.
Una vita “normale”. Vissuta in contesti di povertà economica e culturale, degrado morale e ambientale. Dove non esiste il rispetto per la vita e per i diritti umani. Ma spesso è norma solo la sopraffazione e la violenza. Esperienze accomunate anche da un’altra “normalità”. Quella di vivere la fede offrendo la loro semplice testimonianza evangelica. Come pastori, catechisti, operatori sanitari, animatori della liturgia, della carità.- Avrebbero potuto andare altrove, spostarsi in luoghi più sicuri. Oppure desistere dai loro impegni cristiani, magari riducendoli. Ma non lo hanno fatto. Pur essendo consapevoli della situazione e dei pericoli che correvano ogni giorno.
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