“Tra tutte le persone perseguitate per la loro fede nel mondo l’80% sono cristiani. Il nostro retaggio coloniale ed i nostri sensi di colpa relativi al periodo coloniale hanno impedito al paese di fare abbastanza per proteggere i cristiani”. Così Jeremy Hunt, ministro degli Esteri della Gran Bretagna, ammette che Londra non ha agito come avrebbe dovuto per arginare la persecuzione dei cristiani nel mondo.
Come riferisce il Guardian, Hunt nel dicembre scorso ha dato incarico al vescovo Philip Mounstephen, vescovo anglicano della diocesi di Truro, di guidare una commissione incaricata di fare luce sui casi di persecuzione religiosa nel mondo e, in particolare, sulla situazione dei cristiani. “Abbiamo deciso di istituirla – ha spiegato il ministro – non solo perché la libertà di culto è un diritto umano fondamentale, ma anche perché la libertà di culto è la linea invisibile tra società aperte e società chiuse”. L'invito di Hunt è a studiare la questione della libertà negati ai cristiani “senza timori” dovuti “alla nostra storia imperiale” e al fatto che qualcuno “potrebbe collegare le attività dei missionari del diciannovesimo secolo a un imperialismo fuorviato”. Dal canto suo il vescovo Mounstephen ha precisato che “la persecuzione cristiana non si limita ai contesti musulmani, quindi questa commissione” non può essere strumentalizzata “dall'estrema destra islamofobica” “né darà agli islamofobici una clava da usare contro l'Islam”.
Il ministro ha fatto anche riferimento al caso di Asia Bibi. Nel novembre scorso fece discutere la notizia secondo cui la Gran Bretagna non avrebbe concesso asilo alla cristiana pachistana appena assolta dall'accusa di blasfemia nel suo Paese per paura di “disordini e problemi di sicurezza all’interno della comunità”. “È una vergogna – fu il commento di Wilson Chowdhry, presidente della British Pakistani Christian Association – che un Paese con una storia così gloriosa nell’aiuto a rifugiati e richiedenti asilo non si dimostri generoso come in passato. La Gran Bretagna sarebbe stata una delle prime scelte della famiglia, ma non è più un Paese sicuro per chi viene accusato di blasfemia. Siamo consapevoli che ci sono elementi estremisti in questo Paese”.
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