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Pedofilia, no dei vescovi australiani alla violazione del segreto della confessione

Sì alla massima collaborazione con le autorità civili per combattere la piaga orribile degli abusi sessuali su minori ma non si può rompere in nessun caso il sacro sigillo del segreto della confessione. E’ ferma la presa di posizione dei vescovi australiani di fronte alla proposta della Royal Commission di non rispettare il segreto sacramentale nel caso in cui un sacerdote si trovi di fronte all’accusa di pedofilia durante la confessione. Tra l’altro, la violazione del segreto in confessione è uno dei cinque peccati la cui assoluzione è riservata alla Sede Apostolica, cioè al Papa, anche se Francesco, in occasione del Giubileo Straordinario, ha concesso la facoltà di assolverli ai Missionari della Misericordia.

L’arcivescovo di Melbourne

In un comunicato, l’arcivescovo di Melbourne, mons. Denis Hart, presidente della Conferenza episcopale australiana, ha ribadito che “la Confessione nella Chiesa cattolica è un incontro spirituale con Dio attraverso il prete. È una parte fondamentale della libertà di religione ed è riconosciuta dalla legge in Australia e in molti altri Paesi. Deve rimanere così anche qui nel nostro Paese. Al di fuori di essa, ogni offesa contro i bambini deve essere denunciata alle autorità. Siamo assolutamente impegnati a fare questo”.

Le proposte della Commissione

Lunedì la Royal Commission ha presentato 85 “Raccomandazioni” volte a riformare il sistema penale australiano per una maggiore tutela delle vittime dei pedofili. Alla n. 35 si fa esplicito riferimento al segreto della confessione “luogo in cui i bambini cattolici svelano di aver subito abuso sessuale e in cui il clero ammette un comportamento abusivo per affrontare la propria colpa. Abbiamo anche la prova che i responsabili che hanno confessato di aver abusato sessualmente, hanno continuato a fare del male e hanno cercato poi di essere nuovamente perdonati” afferma la Commissione d’inchiesta, secondo la quale “la libertà di religione non è un diritto assoluto” e può essere limitata per motivi di pubblica sicurezza. E’ un tema già sollevato nel 2012, quando fu istituita la Commissione, e che ora viene formalizzato. Ma mons. Hart ha ribadito che preferirebbe finire in carcere piuttosto che violare il segreto sacramentale.

Questione di fiducia

Il gesuita Frank Brennan, docente di diritto all’Università cattolica australiana, ha aggiunto che la violazione del segreto della confessione ridurrebbe la possibilità che vittime e carnefici ricorrano al sacramento perché verrebbe meno la fiducia: “Togliete il sigillo – ha affermato il religioso – e toglierete quell’unica sottile, sottile possibilità che forse qualcuno possa presentarsi e confessare” gli abusi.

Tolleranza zero

Quello degli abusi sessuali su minori è un orrore con cui la Chiesa australiana sta facendo i conti e che ha portato in tribunale anche il cardinale Pell, che peraltro si è sempre proclamato innocente. Sono circa il 7% i preti australiani coinvolti (con accuse in molti casi tutte da dimostrare) in casi di pedofilia commessi tra il 1980 e il 2010. Tra l’altro molti media oggi riportano con grande enfasi le parole di Papa Francesco pubblicate nella prefazione del libro di Daniel Pittet “La perdono, padre”, come se fossero uno scoop della Bild. In realtà, furono anticipate a febbraio dalla Radio Vaticana. Comunque, il loro valore è immutato: “Si tratta di un’assoluta mostruosità, un peccato terribile, che contraddice tutto quello che la Chiesa insegna” scrive il S. Padre, che ribadisce così la linea della tolleranza zero.

Andrea Acali

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