Chiesa Cattolica

Papa Francesco: “Il concreto aiuto di tutti sostenga il Marocco”

Dalla finestra che affaccia su Piazza San Pietro, Papa Francesco torna a pregare per il Marocco, colpito da un devastante terremoto e in piena emergenza umanitaria. Una preghiera per “i feriti, per coloro che hanno perso la vita – tanti! – e per i loro familiari”. Il Santo Padre ringrazia anche “i soccorritori e quanti si stanno adoperando per alleviare le sofferenze della gente”, auspicando che “il concreto aiuto di tutti possa sostenere la popolazione in questo tragico momento: siamo vicini al popolo del Marocco”. Francesco, inoltre, chiede ancora una preghiera per l’Ucraina, affidandoci all’esempio dei martiri per sentirci “chiamati a opporre alla forza delle armi quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera”.

Il Papa: “Il pettegolezzo è una peste”

Il Papa invita a una riflessione sulla “correzione fraterna, che è una delle espressioni più alte dell’amore, e anche delle più impegnative, perché non è facile correggere gli altri”. Nel momento in cui un fratello commette una colpa, è nostro dovere aiutarlo. Magari anche correggendolo. Eppure, la prima reazione è spesso quella del pettegolezzo, atteggiamento ingiusto che Francesco indica come “una peste per la vita delle persone e delle comunità, perché porta divisione, porta sofferenza, porta scandalo, e mai aiuta a migliorare, mai aiuta a crescere”. Gesù, invece, ci insegna a comportarci in modo diverso, a parlare “a tu per tu” con il fratello, in modo leale, per aiutarlo alla comprensione dei propri errori, “vincendo la vergogna e trovando il coraggio vero, che non è quello di sparlare, ma di dire le cose in faccia con mitezza e gentilezza”.

Il ruolo della comunità

Se il nostro aiuto non bastasse, ha spiegato il Papa, bisogna cercare quello di qualcun altro. “Attenzione però: non quello del gruppetto che chiacchiera! Gesù dice: ‘Prendi con te una o due persone’, intendendo persone che vogliano davvero dare una mano a quel fratello o a quella sorella che ha sbagliato”. E anche un eventuale coinvolgimento della comunità non significa “mettere una persona alla gogna, svergognandola pubblicamente, bensì unire gli sforzi di tutti per aiutarla a cambiare”. Piuttosto, alla comunità spetta il compito di “far sentire a lui o a lei che, mentre condanna l’errore, è vicina con la preghiera e con l’affetto alla persona, sempre pronta a offrire il perdono, la comprensione, e a ricominciare”.

Damiano Mattana

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