In Ungheria, l’aborto è stato legalizzato nel 1956 con decreto. Da allora, 6 milioni di nostri compatrioti non sono nati a causa di un aborto, numero che equivale a quasi tutti i bambini nati nel nostro Paese nello stesso periodo di tempo. Non possiamo nemmeno stimare il numero di persone che non sono potute nascere a causa di altri interventi, come prevenire il concepimento della vita nell’utero”. Lo scrivono i vescovi ungheresi in una lettera pastorale sulla protezione della vita concepita pubblicata lo scorso 28 dicembre, in occasione della festa dei Santi Innocenti. In Ungheria l’aborto è legale nelle prime 12 settimane di vita del feto.
Nella lettera pastorale “Rinnovamento nell’amore” diffusa il 13 novembre scorso, spiega una nota, la Conferenza episcopale ungherese ha già affrontato l’importanza di tutelare la vita umana concepita, “ma – si legge nella lettera circolare – a causa dell’estrema attualità del tema, vorremmo ribadire la posizione della Chiesa nel riguardo”. “I vescovi nostri predecessori – proseguono – emisero una lettera pastorale il 12 settembre 1956, poiché in quel periodo fu resa possibile a livello legislativo l’interruzione provocata della gravidanza in Ungheria. Il linguaggio del documento di allora può sembrare arcaico, ma in termini di contenuto non ha perso la sua rilevanza”. Nella lettera pastorale, la Conferenza episcopale ungherese si rivolge ai fedeli e ai membri della società ribadendo l’insegnamento della Chiesa e chiedendo che “le nostre preghiere diventino grida tramite quali l’insegnamento di Dio possa trovare ascolto e diventare benedizione nel mondo”.
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