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MOSUL, UNA NUOVA COMUNITA’ DI DOMENICANI TRA I PROFUGHI

Hanno rappresentato la comunità cristiana a Mosul da secoli. Fino all’estate del 2014, quando l’Isis, conquistando la città irachena, ha costretto anche i domenicani a fuggire. Poi, la scorsa primavera, un altro sfregio: il loro convento e la chiesa sono stati fatti esplodere con la dinamite dagli uomini del sedicente Califfato, con l’intenzione di cancellarne la memoria. Tuttavia, nonostante le sofferenze di questi anni, c’è una nuova comunità dei domenicani che sta nascendo proprio in questi giorni nel nord dell’Iraq.

Accade nel Kurdistan, ad Ankawa, il quartiere di Erbil dove vive la maggior parte dei cristiani fuggiti da Mosul. A riportarlo è il sito dell’Oeuvre d’Orient, storico organismo francese al servizio delle Chiese del Medio Oriente, che ha intervistato padre Youssef Majid, il religioso originario di Baghdad a cui l’ordine ha dato il compito di far partire questa nuova presenza. “Sto iniziando una nuova missione – racconta in un intervista il monaco -. Per adesso insegno nella facoltà di teologia, ma ci apprestiamo a fondare una nuova comunità. Saremo quattro frati, vivremo insieme alla gente: saremo là per insegnare, per predicare, guidare ritiri, preparare i fidanzati al matrimonio, assicurare la Messa quotidiana. Vogliamo stare con le famiglie e con i poveri, per annunciare la tenerezza e la misericordia di Dio”.

Un segno importante, dunque, non solo per l’ordine fondato da san Domenico, che ha radici molto antiche in questa regione ed è storicamente il volto più conosciuto della comunità di rito latino dell’Iraq. I primi domenicani arrivarono già all’epoca delle Crociate, nel XIII secolo, stabilendo il loro convento proprio a Mosul. Fu una presenza che durò poco: nel 1291 – con la sconfitta dei crociati – l’intera comunità subì il martirio. Cinque secoli dopo, però, papa Benedetto XIV volle ricominciare quella storia: nel 1750 inviò di nuovo i domenicani a Mosul e da allora vi erano sempre rimasti. Un’altra loro comunità poi era cresciuta a Qaraqosh, sempre nella Piana di Ninive, anche questa spazzata via nell’estate 2014 dall’assalto dell’Isis.

“La rinascita ad Ankawa che – specifica il sito francese – è pensata nel segno di quell’unità tra confessioni e riti che la sofferenza di questi anni ha alimentato”. Ed è una rinascita che giunge proprio nelle settimane in cui in Iraq si discute molto sull’annunciata campagna per la liberazione di Mosul e sui reali spazi per un pluralismo religioso autentico nel dopo-Isis.

Edith Driscoll

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