Ennesimo episodio di intolleranza religiosa. Ancora una volta a farne le spese è una comunità cristiana. Succede nella regione di Yogyakarta, in Indonesia, dove un gruppo di estremisti islamici locali ha messo nel mirino la tomba in cui riposa un sacerdote cattolico, don Albertus Slamet Sugihardi. In questo clima di tensione è poi maturata la rimozione della croce che la sormontava.
Il religioso viveva nel piccolo villaggio di Purbayan dove appena 3 famiglie sono cristiane, mentre le altre 150 sono tutte di fede islamica. Dopo la morte, avvenuta per arresto cardiaco, il corpo di don Sugihardi aveva trovato sepoltura nel cimitero pubblico di Jambon, nella periferia di Purbayan. Dopo soli sei giorni, però, si sono presentati i primi problemi: la famiglia dell'uomo è stata in più occasioni minacciata di non pregare sulla tomba del proprio caro. I frequentatori abituali del cimitero, inoltre, hanno iniziato a lamentarsi per la presenza della croce, chiedendone l'immediata rimozione.
E' bastato poco tempo per passare dalle parole ai fatti: un gruppo di estremisti, infatti, non ha perso tempo ed ha rimosso con la forza il simbolo religioso, profanando il luogo di sepoltura del sacerdote. La tomba è stata danneggiata aggiungendo ulteriore tristezza negli animi dei familiari di Albertus Slamet Sugihardi.
Come riporta il quotidiano “Jakarta Post”, alcuni residenti locali hanno giustificato l'episodio, sostenendo che “le regole della comunità sono queste; la sua è stata una sepoltura d'emergenza ma non devono esserci simboli cristiani“. Nelle dichiarazioni raccolte dal portale, inoltre, gli esponenti della comunità locale sottolineano come quel cimitero sia destinato ad ospitare soltanto cittadini islamici in futuro.
Dopo il clamore suscitato in patria dall'episodio, l'amministrazione di Yogyakarta ha sentito il dovere di porgere le scuse alla famiglia del prete scomparso. Secondo Hamengkubuwono, governatore della regione, quanto avvenuto nel cimitero avrebbe violato le regole di armonia vigenti nel territorio da lui amministrato e si pongono in contrasto con la Costituzione. Le dichiarazioni dell'esponente politico arrivano dopo che l'Arcidiocesi cattolica di Semarang si era lamentata pubblicamente per l'episodio, chiedendo alle autorità indonesiane di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.
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