Non è solo dalla regione del Kashmir che arrivano notizie allarmanti: il subcontinente indiano, nella sua vastità, continua a vivere il dramma della violenza interreligiosa, coinvolgendo in particolare la comunità cristiana del Paese. Il nuovo allarme arriva dallo United Christian Forum (Ucf) che, in un report inviato all'Agenzia Fides, ha fotografato l'attuale condizione degli indiani che professano la religione cristiana, segnalando il pericoloso incremento degli episodi di violenza che li hanno visti coinvolti nei primi sei mesi del 2019: addirittura 158 secondo il dossier, in ben 23 stati del Paese, di cui 130 operati da gruppi fondamentalisti autori di atti di intimidazione, minacce o anche violenza nei confronti dei fedeli cristiani, spesso in contesti di raduni di preghiera in chiese o in altri luoghi destinati a uso religioso. Un quadro ancora più drammatico se si pensa che gli episodi in questione riguardano la quasi totalità del subcontinente indiano, rendendo di fatto la professione del cristianesimo, come precisa il report, un forte motivo di insicurezza.
Ma la questione sembra non riguardare esclusivamente le violenze perpetrate dai gruppi intolleranti. In India, secondo l'indagine di Ucf, risulta quasi del tutto assente una forma di tutela nei confronti delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, costrette a professare la propria fede in condizioni di estrema pericolosità vista la tendenza dei gruppi in questione a irrompere durante i raduni in una modalità che, stando a quanto riferito nel dossier, coinvolge anche le Forze dell'ordine: “Il modus operandi è sempre lo stesso – cita Fides -: una folla accompagnata dalla polizia irrompe durante la preghiera urlando slogan, picchiando i fedeli, inclusi donne e bambini. Quindi i Pastori vengono arrestati o detenuti dalla polizia con la falsa accusa di conversioni fraudolente”. Preoccupante anche l'escalation progressiva della violenza contro i cristiani: secondo i dati forniti, dal 2014 a oggi si è assistito a un pericoloso aumento dei casi disseminati nel corso dei dodici mesi arrivando dai 150 di 5 anni a fa ai 300 casi del 2018. Un tragico quadro destinato probabilmente a incrementarsi ulteriormente, considerando i 150 casi già registrati nell'anno in corso, a un ritmo di circa 26 al mese.
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