“Dio non ha abbandonato il suo popolo e non si è lasciato sconfiggere dal male, perché Egli è fedele, e la sua grazia è più grande del peccato”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza generale durante la quale ha continuato la catechesi sulla speranza. E, a braccio, ha aggiunto che “dobbiamo impararlo, perché siamo testardi. Poi ha iniziato un dialogo con i partecipanti: “Chi è più grande, Dio o il peccato?” ha chiesto. E tutti hanno risposto “Dio”. “Ma ne siete convinti? – ha ribattuto il Pontefice – Dio? E chi vince alla fine, Dio o il peccato? Dio è capace di vincere il peccato più grosso, anche il più vergognoso?”. E infine: “questa domanda non è facile, vediamo se c’è qualche teologa o teologo tra voi. Con che arma vince Dio il peccato?”. E ancora una volta l’Aula ha risposto “L’amore”.
“Dio vince il peccato, questo vuol dire che Dio regna; sono queste le parole della fede in un Signore la cui potenza si china sull’umanità per offrire misericordia e liberare l’uomo da ciò che sfigura in lui l’immagine bella di Dio, perché quando siamo nel peccato l’immagine di Dio è sfigurata. E il compimento di tanto amore sarà proprio il Regno instaurato da Gesù, quel Regno di perdono e di pace che noi celebriamo con il Natale e che si realizza definitivamente nella Pasqua”. E ancora a braccio ha affermato che “la gioia più bella del Natale è quella interiore. Il Signore ha cancellato i nostri peccati, mi ha perdonato, ha avuto misericordia di me, è venuto a salvarmi. Questa è la gioia del Natale. Sono questi, fratelli e sorelle, i motivi della nostra speranza”.
E’ stata un’udienza in cui i pellegrini (tra gli altri l’attore Flavio Insinna) che hanno gremito l’aula Paolo VI hanno rivolto al S. Padre gli auguri per il suo ottantesimo compleanno, che cade sabato prossimo. E c’è stato anche il tempo per un simpatico siparietto. Il Papa, infatti, ha risposto ai cori augurali con “una cosa che vi farà ridere: nella mia terra fare gli auguri in anticipo porta jella! E chi fa gli auguri in anticipo è uno jettatore…”.
Riflettendo sul “canto di esultanza” del profeta Isaia dopo la fine dell’esilio di Babilonia durante il quale il “piccolo resto” di Israele si è mantenuto fedele, il Pontefice ha affermato che “quando tutto sembra finito, quando, di fronte a tante realtà negative, la fede si fa faticosa e viene la tentazione di dire che niente più ha senso, ecco invece la bella notizia portata da quei piedi veloci” del messaggero che annuncia la salvezza.
“Dio sta venendo a realizzare qualcosa di nuovo, a instaurare un regno di pace; Dio ha “snudato il suo braccio” e viene a portare libertà e consolazione – ha detto il Pontefice – Il male non trionferà per sempre, c’è una fine al dolore. La disperazione è vinta. E anche noi siamo sollecitati a svegliarci, come Gerusalemme, secondo l’invito che le rivolge il profeta; siamo chiamati a diventare uomini e donne di speranza. Quanto è brutto quando troviamo un cristiano che ha perso la speranza! – ha aggiunto – che dice è tutto finito per me, chi non è capace di guardare a un orizzonte di speranza e vede davanti a sé soltanto un muro. Ma Dio è capace di distruggere questo muro col perdono. Il messaggio della Buona Notizia che ci è affidato è urgente- ha proseguito – dobbiamo anche noi correre come il messaggero sui monti, perché il mondo non può aspettare, l’umanità ha fame e sete di giustizia, di verità, di pace. La speranza nasce quando vediamo Dio nel presepe, che nasce a Betlemme”. E guardandolo, “i piccoli del mondo sapranno che la promessa si è compiuta, il messaggio si è realizzato. In un bimbo appena nato, bisognoso di tutto, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, è racchiusa tutta la potenza del Dio che salva. Bisogna aprire il cuore a tanta piccolezza e a tanta meraviglia. È la meraviglia di Natale, a cui ci stiamo preparando, con speranza, in questo tempo di Avvento. È la sorpresa di un Dio bambino, di un Dio povero, di un Dio debole, di un Dio che abbandona la sua grandezza per farsi vicino a ognuno di noi”.
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