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Il maestro dei domenicani: “Arte contemporanea per dialogare col mondo”

L’Ordine Domenicano conclude le celebrazioni del suo ottavo centenario con una mostra d’arte contemporanea ospitata nel complesso della basilica di Santa Sabina, sede della Curia Generalizia dell’Ordine. Fino al 24 gennaio 2017 sarà possibile ammirare le opere più significative dell’artista belga di fama internazionale Kris Martin, noto per la poliedricità della sua arte e del suo pensiero che utilizza più mezzi di espressione al fine di far riflettere sulla caducità dell’essere umano, non senza un certo “sense of houmor”. L’allestimento all’interno della basilica trova il suo completamento in cinque grandi foto sul tema dell’Incarnazione installate sulle pareti esterne, opera di Adam Rokosz, giovane fotografo domenicano.

Perché celebrare con una mostra d’arte contemporanea gli 800 anni dei Frati Predicatori? Lo abbiamo chiesto al maestro dell’Ordine, fra Bruno Cadorè:
“Per noi è un anniversario importante, dopo otto secoli è una celebrazione per guardare alle nostre radici e trovare in queste radici la forza per il futuro. La predicazione è sempre un dialogo col mondo, dunque serve anche ascolto. Abbiamo organizzato una mostra contemporanea perché è una forma di dialogo con il nostro tempo. A Roma ci sono tante chiese, la gente entra, guarda e cerca di capire. Le fotografie esposte sono invece i muri della chiesa che comunicano con le persone e comunicano qualcosa di importantissimo, l’Incarnazione. In un certo senso è il Signore che esce dai muri anche se le persone non entrano in chiesa, e parla a tutti, credenti e non credenti”.

Tra le opere di Kris Martin ce n’è una, “Altar”, allestita nel Giardino degli Aranci, accanto alla basilica. Lo storico luogo è stato recentemente rinnovato e “adottato” dalla Fondazione Sorgente Group, presieduta da Valter e Paola Mainetti, che sostiene l’iniziativa dei padri domenicani. E’ la cornice di un polittico che diventa la sagoma di un altare. E in questo caso incornicia la veduta della basilica di S. Pietro.
“Tutta la mostra si basa sul concetto di dialogo – ribadisce fra Bruno – con la gente come con la città. Questo allestimento nel Giardino degli Aranci ne è un esempio. A Roma c’è la Chiesa cattolica, c’è la gente, c’è la natura. Questa parte può essere intesa come andare verso il Vaticano e riceverlo nell’orizzonte. E’ una cosa molto diversa dalla celebre veduta dal buco della serratura (quella del cancello del limitrofo Ordine di Malta, ndr): lì si vede un pochino, in lontananza; qui si avvicina il mondo e ciascuno lo riceve come può, tutte le finestre sono aperte. E’ così il dialogo tra la realtà della Chiesa e la realtà del mondo. Lo spiega bene un’altra opera di Martin, “Water”. I nostri frati sono in tutto il mondo e in molti posti quello dell’acqua è un problema enorme mentre Roma è la città delle fontane, l’acqua è centrale nella vita della città e della gente”.

Dopo ottocento anni qual è il messaggio dei domenicani in questo dialogo col mondo?
“Ma noi non abbiamo un messaggio nostro: è il Vangelo! Non è importante comunicare l’Ordine. La sfida di oggi è parlare del Vangelo. Forse è un po’ più difficile rispetto al passato connettere il Vangelo con la cultura. Ed ecco che la sfida è ancora il dialogo: noi vogliamo cercare di facilitare questa connessione”.

Alla fine del 2014 l’Ordine contava 38 vescovi, 4347 sacerdoti, 135 diaconi. I membri professi non sacerdoti erano 746 seminaristi studenti e 309 laici cooperatori. I novizi 194, le case 552. Semplice e significativo il titolo della mostra, “Auguri”. E anche qui torna il tema del dialogo con la città. Perché oltre a voler festeggiare la ricorrenza dell’Ordine, rimanda alla leggenda della fondazione di Roma, agli àuguri consultati da Romolo e Remo. E proprio sull’Aventino, il colle che era stato scelto da Remo, sorge la basilica paleocristiana di Santa Sabina, che il Papa affidò a San Domenico nel 1220. All’interno, oltre alle opere di Martin (che si snodano poi per l’intero complesso) ci sono 17 stendardi appesi nelle navate laterali. Rappresentano una rilettura in chiave moderna di altrettante personalità dell’Ordine raffigurate da artisti domenicani contemporanei. E’ fra Alain Arnould, che ha avuto l’idea della mostra, a ribadire il profondo legame tra l’arte e i frati: “Non mi riferisco solo al Beato Angelico ma a personaggi come Le Corbusier che realizzò il convento dell’Arbresle in Francia o a Matisse che sempre in Francia ideò la cappella di Vence. Ma il significato più profondo è quello del dialogo tra il mondo e la comunità domenicana, rappresentato anche simbolicamente dall’esterno che viene all’interno e dall’interno che si apre all’esterno. Un dialogo attraverso l’espressività artistica di oggi perché noi viviamo nel presente. Gli artisti comunicano emozioni e attraverso di loro noi domenicani possiamo capire meglio il nostro tempo”.

La mostra, con ingresso gratuito, sarà aperta fino al 24 gennaio (chiusa dal 26 al 30 dicembre) dal mercoledì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17. La domenica solo in orario pomeridiano.

Andrea Acali

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