“La non-violenza assoluta è il cardine attorno a cui ruota tutta la nostra spiritualità. Un induista vero non usa mai la violenza, non lo può fare: noi non uccidiamo gli animali, figuriamoci come consideriamo l’omicidio o il semplice atto di violenza o sopraffazione verso un essere umano”. Così la vicepresidente dell’Unione Induista Italiana Hamsānanda Ghiri, responsabile del dialogo interreligioso, come riporta l’Osservatore Romano, si esprime dopo le violenze anti-cristiane avvenute nello Stato indiano di Jharkhand, provocando la fuga di quasi sessantamila fedeli e circa quaranta morti nelle razzie di gruppi estremisti.
La religiosa induista attribuisce questa recrudescenza alla “crescita preoccupante del fanatismo religioso” nel mondo. Si tratta – sottolinea – di strumentalizzazioni “per scopi politici, strategici, economici e rispondono a interessi che non hanno nulla a che fare con la spiritualità”.
“L’India — ha dichiarato Hamsānanda Ghiri — è storicamente una culla di convivenza pacifica tra tantissime culture e riteniamo molto grave che qualcuno, in nome di una religione, sporchi questa meravigliosa storia, tanto più se dice di appartenere all’induismo”.
La Ghiri ci tiene inoltre a precisare che “negli ultimi decenni l’approccio dei missionari cristiani è totalmente cambiato ed è improntato al totale rispetto e alla convivenza pacifica”.
Convivenza minata, semmai, dall’entrata in vigore della legge “contro le conversioni religiose”. Il provvedimento, secondo il gesuita padre Michael Kerketta, teologo indiano e docente a Ranchi, capitale dello Jharkhand, “colpisce le comunità religiose non indù come cristiani, musulmani, sikh, e altre comunità locali. È nostro compito denunciare un’ingiustizia che vìola la libertà di coscienza e di religione ed è contro la Costituzione”.
Come rivela l’Osservatore Romano, nei giorni scorsi a Ranchi cortei anticristiani hanno agitato la città con slogan e comportamenti minacciosi. Alcuni cristiani sono finiti in carcere con l’accusa di aver promosso conversioni.
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