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Bergoglio: “Violenza senza fine contro i cristiani”

“L’accoglienza, la sobrietà, la pazienza, la mitezza, l’affidabilità, la bontà di cuore. E’ questo l’alfabeto, la grammatica di base di ogni ministero! Deve essere la grammatica di base di ogni vescovo, di ogni prete, di ogni diacono”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nell’udienza generale del mercoledì a piazza san Pietro davanti a 20mila persone. Il Pontefice ha esordito meditando sulle lettere inviate da san Paolo ai suoi discepoli Timoteo e Tito. Senza la “predisposizione bella e genuina a incontrare, a conoscere, a dialogare, ad apprezzare e a relazionarsi con i fratelli in modo rispettoso e sincero”, ha osservato il vescovo di Roma, “non è possibile offrire un servizio e una testimonianza davvero gioiosi e credibili”.

“Non si è vescovi, sacerdoti o diaconi perché si è più intelligenti, più bravi e migliori degli altri”, ha aggiunto. Secondo il Pontefice un “pastore che è cosciente che il proprio ministero scaturisce unicamente dalla misericordia e dal cuore di Dio non potrà mai assumere un atteggiamento autoritario, come se tutti fossero ai suoi piedi e la comunità fosse la sua proprietà, il suo regno personale”. Inoltre è importante che il pastore non cada nella “tentazione di porsi al centro dell’attenzione e di confidare soltanto in se stesso”: “Sono le tentazioni della vanità, dell’orgoglio, della sufficienza, della superbia. Guai se un vescovo, un sacerdote o un diacono pensassero di sapere tutto, di avere sempre la risposta giusta per ogni cosa e di non avere bisogno di nessuno”.

La coscienza di essere “oggetto della misericordia e della compassione di Dio”, ha sottolineato, “deve portare un ministro della Chiesa ad essere sempre umile e comprensivo nei confronti degli altri”. “Con i propri confratelli, poi, tutto questo deve portare ad assumere un atteggiamento nuovo – ha concluso – improntato alla condivisione, alla corresponsabilità e alla comunione”. Il successore di Pietro, durante i saluti, si è detto “particolarmente vicino in questo momento doloroso della sparizione dei ragazzi messicani che ora sappiamo assassinati” ricordando “la realtà drammatica di tutta la criminalità che esiste, legata al commercio e al traffico di droga”.

Poi ha rivolto un “pensiero grato a Giovanni Paolo II e al card. Samorè” per l’accordo di pace tra Argentina e Cile di 30 anni fa, noto come accordo di Beagle, che “si fece grazie alla volontà di dialogo”. Al termine dell’udienza ha indirizzato un nuovo appello per i cristiani “perseguitati e uccisi a motivo del loro credo religioso”, “un’assurda violenza che non accenna a fermarsi” che necessita di una “vasta mobilitazione di coscienze”.

Stefano Cicchini

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