In Germania si contano quasi 5 milioni di islamici. Le moschee ufficiali sono circa un migliaio. Non sempre è chiara la provenienza dei fondi utilizzati per sostenere questi luoghi di culto. E' per questo che il governo tedesco starebbe pensando di introdurre una “tassa sulla religione” sul modello di quella già esistente per cattolici e protestanti.
Nel Paese nordeuropeo, infatti, chi si professa tale lo inserisce nella dichiarazione dei redditi. L'imposta viene poi “girata” dallo Stato alle rispettive Chiese e serve a finanziare le attività ecclesiastiche. Si chiama “Kirchensteuer”, la tassa sul credo e fu introdotta addirittura ai tempi della Repubblica di Weimer. La Germania non è l'unico Paese ad averla: è presente anche in Svizzera, Austria, Danimarca e Svezia.
Visto il numero di musulmani in costante aumento all'interno dei confini, il governo tedesco starebbe pensando di introdurre la stessa misura anche per chi si professa seguace dell'Islam. Ne ha parlato in conferenza stampa il ministro dell’Interno Horst Seehofer. E' un modo per impedire infiltrazioni fondamentalisti e imporre trasparenza sui finanziamenti: si vuole, infatti, limitare l'afflusso di denaro da organizzazioni e governi stranieri. L'obiettivo è quello di garantire una maggiore autonomia degli islamici del Paese, ridurre il numero di sovvenzioni di Stati esteri e permettere la loro piena tracciabilità.
L'idea ha trovato il consenso della fondatrice di una moschea “progressista” di Berlino. L'imam donna Seyran Ates, infatti, ha dichiarato al portale DW: “l'Islam in Germania ha un'enorme influenza dall'esterno, da Paesi stranieri” ed ha quindi esortato i suoi correligionari tedeschi: “devono alzarsi da soli, devono prendersi cura della propria religione qui, così i musulmani in Germania farebbero qualcosa per l'Islam”. In passato Seyran Ates ha ricevuto numerose minacce di morte per il suo ruolo e per l'orientamento della sua moschee.
Si segnala che anche l'Associazione Nazionale dei Musulmani Italiani ha apprezzato l'intento espresso dal ministro e si è opposta alla pratica diffusa di chi si autoproclama imam nei tanti centri culturali islamici che crescono anche nel nostro Paese, spesso abusivamente,
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