Sangue in Terra Santa. Un ossimoro che fin troppo spesso arriva a verificarsi. E lo ha fatto anche negli ultimi giorni, in cui l’ombra dell’odio si è nuovamente riaffacciata ai piedi del Monte del Tempio di Gerusalemme. E Papa Francesco, al termine dell’Angelus, lancia un appello affinché l’ondata delle violenze si fermi: “Con grande dolore apprendo le notizie che giungono dalla Terra Santa, in particolare della morte di dieci palestinesi, tra cui una donna, uccisi durante azioni militari israeliane antiterrorismo in Palestina; e di quanto accaduto vicino a Gerusalemme venerdì sera, quando sette ebrei israeliani sono stati uccisi da un palestinese e tre sono stati feriti all’uscita dalla sinagoga”. Una “spirale di morte”, la definisce il Papa, “che aumenta di giorno in giorno non fa altro che chiudere i pochi spiragli di fiducia che ci sono tra i due popoli. Dall’inizio dell’anno decine di palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri a fuoco con l’esercito israeliano”. Il Pontefice chiede un maggiore sforzo “ai due Governi e alla Comunità internazionale, affinché si trovino, subito e senza indugio, altre strade, che comprendano il dialogo e la ricerca sincera della pace”.
La riflessione del Santo Padre ha poggiato sul Vangelo odierno, nel quale “si proclamano le Beatitudini”. La prima delle quali recita: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Un’espressione che indica coloro “che sanno di non bastare a sé stessi, di non essere autosufficienti, e vivono come ‘mendicanti di Dio’: si sentono bisognosi di Dio e riconoscono che il bene viene da Lui, come dono, come grazia”. Chi è povero in spirito, ricorda il Papa, “fa tesoro di quello che riceve; perciò desidera che nessun dono vada sprecato”. Un aspetto tipico quello di “non sprecare”. È Gesù stesso che ce ne mostra l’importanza in numerosi episodi: “Purtroppo, però, è un principio spesso disatteso, soprattutto nelle società più agiate, in cui domina la cultura dello spreco e la cultura dello scarto: ambedue sono una peste”.
Il Pontefice propone tre sfide contro la mentalità dello spreco e dello scarto. Innanzitutto, “non sprecare il dono che noi siamo. Ognuno di noi è un bene, indipendentemente dalle doti che ha”. E ancora: “Non sprecare i doni che abbiamo. Risulta che nel mondo ogni anno vada sprecato circa un terzo della produzione alimentare totale. E questo mentre tanti muoiono di fame”. Infine, “non scartare le persone. La cultura dello scarto dice: ti uso finché mi servi; quando non mi interessi più o mi sei di ostacolo, ti butto via. E si trattano così specialmente i più fragili”. Sfide che si affrontano prima di tutto ponendosi delle domande, chiedendosi se si è in grado di far spazio a Dio di condividere con gli altri i beni che abbiamo.
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