Ramil Minnikhanov, ad esempio, nipote del presidente della regione russa del Tatarstan e figlio del capo della polizia, è riuscito a sfuggire ad un’accusa per omicidio stradale. L’uomo, nel marzo del 2014, era a bordo della sua Land Rover quando investì Alexander Trofimov, diciassettenne al secondo anno del Politecnico. Il ragazzo morì sul colpo e ieri, dopo mesi di “perizie” e indagini, un rappresentante del ministero degli Interni del Tatarstan ha affermato che “in seguito a una serie di esami è stato concluso che il conducente non è riuscito ad evitare la collisione nel contesto”.
Secondo la polizia stradale infatti, Minnikhanov, guidando la sua macchina, per “evitare collisioni su altri pedoni improvvisamente apparsi sulla strada ha sterzato a sinistra investendo il ragazzo”. E mentre la morte dello studente ha lasciato famiglia e amici in preda a un dolore che non si rimarginerà, lui continuerà a circolare, libero e indisturbato, su quel Land Rover “letale”. Nelle dinamiche della collusione tutto ha un limite. E in Russia, con questo episodio, questo confine è stato enormemente superato.
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