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Nostalgia sovietica: la metà dei russi rimpiange Stalin

Sentimento anti-Occidentale e un forte risveglio del nazionalismo sono i sentimenti che stanno alimentando la Russia: nel paese il numero di persone che guarda Stalin in modo positivo è arrivato al 52% della popolazione, secondo un recente sondaggio del centro indipendente di Levada. Inoltre, la propaganda ufficiale legata al Cremlino continua a glorificare i successi dell’era sovietica, sullo sfondo della crisi ucraina e dei rapporti tesi con Usa e Europa. In un momento così delicato, viene anche annunciata la chiusura dell’ex Gulag trasformato in museo-memoriale, dopo mesi di pressione delle autorità. Perm-36, questo il suo nome dal nome del campo le cui prime attività risalgono al 1943, tra le cui mura sono stati detenuti dissidenti come Vladimir Bukovsky e Serghei Kovalev,  “cesserà le sue attività e inizierà un processo di auto-liquidazione”, ha reso noto il 2 marzo in un comunicato l’Ong Memorial che gestiva il museo.

Lo scorso anno alcuni funzionari governativi hanno ispezionato l’ex gulag per le accuse di estremismo, nate dopo un documentario dal titolo “Quinta colonna”, trasmesso dal canale filogovernativo Ntv, che presentava il museo come un’istituzione a libro paga degli Usa, insomma come un cavallo di Troia occidentale infiltrato in Russia. Secondo quanto ha scritto Kommersant, il programma sosteneva che il museo scagionasse i nazionalisti lituani e ucraini, imprigionati nel campo di lavoro per aver combattuto contro l’Unione Sovietica. Ricordiamo che il documentario ha preso il titolo da quella sezione d’elite dell’esercito dell’Armata Rossa di Trockij.

Ma già sono diversi anni che il polo museale si trova in grande difficoltà, ovvero dall’introduzione della legge che impone alle Ong finanziate anche dall’estero, di registrarsi come “agenti stranieri”. Questo ha colpito in modo particolare l’organizzazione Memorial, che ha gestito per 18 anni Perm-36, fino a che lo scorso anno lo Stato non lo ha reclamato per sé, sono partite allora le trattative per mantenere aperto il sito come museo pubblico, ma soprattutto per “preservare l’ex gulag come un autentico museo della repressione politica nell’Urss”, e come monumento storico unico, ma senza successo.

Il Cremlino aveva dato crescente importanza al sito, anche con stanziamenti pubblici, soprattutto dal 2004, quando era entrato nella lista dei siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio, redatta dal World Monuments Found. In questi anni era stata avviata anche un campagna per includere il memoriale nel patrimonio dell’Unesco. Ma a partire dal 2012 l’atteggiamento delle autorità è cambiato in modo drastico. Sono stati bloccati completamente i fondi per la ristrutturazione, come le iniziative per rendergli la giusta importanza. La giustificazione addotta da Mosca è stato il mancato pagamento delle bollette, ma non è facile vedere una retorica governativa che mira ad alimentare la tendenza nostalgica per l’era dell’indiscusso dominio russo sull’est dell’Europa.

Claudia Gennari

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